David Sylvian, i Colori Proibiti del camaleonte
di Ezio Cirone
frontman ZER80
Spogliato dei suoi orpelli e capace di esaltare il profondo suono della sua voce, un po per autosuggestione, per distinguersi, per poi abbandonare un progetto all’apice del successo e sperimentare la profondità della cultura orientale insita nelle sue produzioni.
Da Gentlemen Take Polaroids fino a Tin Drum, David Sylvian, emblematico, carismatico e camaleontico frontman dei Japan si cimenterà in sonorità ispirate alla musica giapponese e la costante ed approfondita collaborazione con Ryūichi Sakamoto ne decreterà il cambiamento.
Pic by https://www.bbc.co.uk/music/artists/697e7111-5630-4c77-83f3-39821bacc61a
Materia o spirito, notorietà o anonimia, apparenza o sostanza, è questo il vero emblema di Sylvian che attraverso le sue composizioni ci mostrerà l’essenza della propria nudità esistenziale e la sua magnificenza artistica.
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Filosofo musicale dallo spirito postmoderno e tormentato dall’estenuante ricerca del puro confronto sociale, l’artista trova la sua libera espressione e l’equilibrio stilistico attraverso il sodalizio con il grande pianista/compositore Sakamoto già nei primi anni 80 e successivamente con la consacrazione dell’Album capolavoro del 1984 “Brilliant trees”, all’interno del quale le struggenti ed eteree interpretazioni vocali consolidano e confermano definitivamente il suo legame spirituale dal sapore tutto orientale.
Introverso, intimo e con una spiccata capacità di dirigersi verso la lettura della sua verità interiore e di quella individuale per liberarsi da un mondo governato solo da fantasmi esistenziali, Sylvian si rappresenta con tratti distintivi verso una costante ricerca alchemica, una ricerca coerente dal carattere profondamente spirituale, e quale miglior luogo se non l’Oriente per ritrovare utili risposte e poterne lasciare traccia al mondo.
Cambio pelle
L’essenziale è nei suoi scritti e non più nella sua immagine Glam come lo ricorderemo ai suoi esordi, anche se la maggior parte degli uomini è spesso attratta da veli esteriori. Sylvian non ha mai avuto timore di riconoscere la presenza divina in sé, rappresentandosi sulle scene raccontando il suo spirito orientale come testimonianza ai suoi perché e del mondo.
Con il tempo, il suo desiderio di conformarsi alla verità ha costituito la sua vera integrità scacciando via quelle contraffazioni da status-symbol nel quale era ingabbiato nei primi anni della sua carriera artistica.
L’Oriente e la ricerca della spiritualità lo hanno aiutato a non cedere alle illusioni che sempre più dilagano ai nostri tempi, non prescindendo al contempo dallo sforzo personale che l’artista ha dovuto compiere su se stesso per potere discernere sempre meglio dalla sua matrice di uomo occidentale. La sua profonda esperienza orientale e di rinascita spirituale ha messo a nudo inevitabili risposte che in senso critico condannano, in maniera molto generica, il pensiero occidentale e l’apparire anziché l’essere, l’artista condanna un mondo pieno di inguaribili ottimisti che sfuggono volontariamente ai segni della presenza divina in ognuno di noi e a quell’alter-ego che dimora nel nostro profondo capace di aprire gli occhi sulla vera realtà in contrapposizione alle false identità che l’uomo costruisce sulla sua pelle per giustificare le proprie debolezze e la paura del mondo.
Ed ecco che l’opposizione al conformismo artistico diviene per Sylvian il motivo nel qual concentrare tutte le risorse creative, di pensiero e la base per estrapolare passaggi filo-sociologici che esprimono profondamente la bellezza dell’essenziale e del valore incondizionato per la natura, per l’amore e per la spiritualità.