Ph. film "Assassinio sull'Orient Express"

 

“Assassinio sull’Orient Express” pich by http://www.culturaeculture.it/non-solo-film/assassinio-sull-orient-express-78708/

di Flavio Andriani

scrittore, autore di “L’uomo che cammmina”, Les Flâneurs Edizioni, 2016

Oriente. Lì dove  il sole sorge.  Una volta era l’Orient Express, mitico tragitto ferroviario che portava da Parigi fino a Costantinopoli, a far eccitare una borghesia di inizio secolo.  Letteratura, arte e cinema non si sono risparmiati sul tema.  Da Gauguin che rimase stregato dalle donne tahitiane al nostro Francesco Netti  che cedette alla passione romantica dell’oriente immaginario, misterioso e fatto di harem, di morbide figure di donne svestite o di perle ricoperte, languide e dormienti tra rossi tessuti e arabesche trame, sogni proibiti e crocevia di vite.  Ma c’era anche chi sceglieva l’Oriente senza muoversi da casa coma la pittura di Francesco Hayez o i libri di Salgari.

TO GO WITH AFP STORY BY NICOLAS CHEVIRON
This room where Agatha Christie stayed at the historical Pera Palace is seen after restoration on August 20, 2010. When it opened in 1895, it was the most luxurious hotel in Istanbul and the first to have electricity and hot water. It was closed for extensive renovation in 2006 after 111 years of operation. AFP PHOTO / MUSTAFA OZER

E ancora oltre, dalla Cina al Giappone, dove forse  termina  (o comincia) l’oriente.    Il paese del Sol Levante. È il primo a svegliarsi nel pianeta e ad aprire i mercati finanziari e quelli del pesce.  Lì l’Oriente tenta di  occidentalizzarsi ma non viceversa. Se loro plagiano i nostri prodotti e scimmiottano i nostri artisti, noi ci limitiamo ad abbuffarci di sushi e zuppette improbabili  ma non impariamo a inchinarci alla loro cultura. Non ci inchiniamo nemmeno. Gesto troppo umile e servile ma che  simboleggia rispetto o scuse verso qualcuno. Orientarsi. O dis-orientarsi.  Nell’etimo, “orientamento” è appunto il rivolgersi verso oriente. Geograficamente e non solo.  Anche il mito di “Roma Caput Mundi” scricchiolò quando si capì che c’era un mondo culturalmente articolato, oltre la Persia, la Cina, la Mongolia.  Per chi  viaggia in estremo Oriente, specie quello economicamente più avanzato, l’attuale occidente europeo appare antico, congelato nella sua storia,  ricco scrigno impolverato come un salone d’antan,  decadente nella sua cultura bistrattata dai più.  Difficile immaginare dalle nostre parti un centro di cultura orientale, frequentato da giovani occidentali che apprendano le basi del confucianesimo o del taoismo. Abbondano invece i centri di “orientamento”.

Le latitudini e longitudini fanno la differenza tra i popoli nelle loro identità, pur nel planetario bagno di omologazione.    Ma se è vero che ognuno è meridionale a qualcun altro, a volte bastano pochi kilometri e poca fatica per sentirsi orientali in patria,  in Salento. I più festaioli decidono di scorgere lì i primi raggi del sole del nuovo anno, inventandosi festival e “albe dei popoli”, dimenticando che quattro secoli prima  a Otranto,  non servì restare affacciati sui bastioni del castello per scorgere i  turchi invasori.  Troppo tardi. Gli idruntini guardavano e quelli sbarcavano e decapitavano.  Il Palazzo Sticchi moresco, kitsch, insensato e il  mare smeraldo lì sotto, appare come un ectoplasma nel ricordo sbiadito di “Nostra Signora dei Turchi”, esempio di cinema estremo.   Oggi, in quel “non ricordo”, nell’accidioso ciabattare marino, migliaia di trippe tatuate sudano al ritmo di canzonacce a tutto volume da cui non si sfugge. E se pure si fugge, cercando l’Oriente in Thailandia, ritrovi le stesse cose da cui fuggire ancora.  La Graceland non esiste. O forse si, nel Paese dei balocchi.

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