Un Natale Coolturale
Ed Wheeler, Santa Classic, 2011
Che cosa c’è di più “Coolturale” del Natale?
Profondissimo e shampista al contempo, il Natale è culto religioso e tradizione familiare ma, con il fratellino Capodanno, ci proietta nelle mode a venire in un’atmosfera planetaria.
E’ futile consumismo ma pure sinonimo di raccoglimento e di meditazione, è bigotto e osservante ma anche profano e persino sexy quando vuole; è altruistico e intimistico, vivacissimo e silenzioso, invernale e scoppiettante come il fuoco pirotecnico dell’estate.
Il Natale è contraddizione cioè cultura. Come le sue due figure simbolo per eccellenza: Gesù Cristo e Babbo Natale, dono e possesso, redenzione e tentazione, nascita e declino.
Ma poi, a ben guardare, ci accordiamo che Gesù e Father Christmas non sono poi così lontani se Babbo Natale è Santa Claus, cioè Sanctus Nicolaus, quindi San Nicola di Myra e Bari, il santo più famoso della Cristianità. Ecco perché l’atto del donare regali ai bambini accomuna Cristo e Babbo Natale.
Potere del Natale, avvicinare l’inavvicinabile, elevare l’inelevabile, realizzare l’impossibile con gli occhi fissi al cielo verso la cometa.
In questo numero:
Alcuni tra i più famosi Santa Claus d’Europa ci hanno inviato i loro saluti. Sì perché fare il San Nicola è un compito, un destino ma anche un vero e proprio mestiere. Ci sono severe selezioni per andare in giro vestiti da San Nicola e portare doni ai bambini per le strade del mondo.
In questo numero spieghiamo come un santo orientale si sia trasformato nel prodotto per eccellenza della cultura capitalista e sfatiamo il luogo comune che la patria di Babbo Natale sia la Lapponia. La sua patria dal 1087 è a Bari, nella basilica in cui sono sepolte le sue reliquie.
Rocco Lombardi ci racconta, come solo lui sa fare, la trasformazione di Santa Claus in Babbo Natale per una scelta di marketing della Coca Cola Company. Sulla stessa falsariga, il musicologo Pierfranco Moliterni ci introduce alla cantata per tenore e coro di voci bianche dal titolo “Saint Nicolas” di Benjamin Britten.
Grazia Arborea ci detta il decalogo del buon gusto per le feste, Roberto Recchimurzo ci delizia le adrenaline con un bel noir natalizio, la cooperante internazionale Anna Spero ci proietta in Messico nei riti precolombiani contaminati ai riti cattolici del periodo natalizio; Rocco Lombardi invece ci trasporta a Gerusalemme all’incrocio tra le religioni monoteiste, la città santa dove tutto ebbe inizio; la psicologa Manuela Latrofa ci fa scoprire una nuova sindrome, il cosiddetto Christmas Blues o depressione natalizia.
Antonio Valenza, ci ricorda che l’immenso autore del Signore degli Anelli John Ronald Reuel Tolkien scrisse delle “Lettere a Babbo Natale” per i figlioli.
C’è spazio per la cultura d’impresa con gli articoli di Rocco Lombardi sulla Amarelli di Rossano e di Maria Federica Dimantova sulla microeditoria della Zic Zac di Polignano a mare. Ezio Cirone, frontman della band degli Zer80 ci induce a riascoltare classici come Christmas in the Heart di Bob Dylan e Happy Christmas War is over di John Lennon. Fantastici!!!
Giovanna Francesconi ci fa morire con la sua lotta per sopravvivere al “pantano” del cenone della vigilia. L’economista Canio Trione risponde a tono a quello stupido articolo apparso sul quotidiano “libero” di qualche giorno fa, intitolato “Ci toccherà adottare un meridionale a testa”, spiegando perché, oggi più che mai, l’economia reale è fondata sui prodotti del Sud mentre il modello macroindustriale nordista è fallito.
A Natale siamo tutti più falsi, ammonisce l’articolo di Maria Federica Dimantova riprendendo il grande Mario Monicelli.
Può darsi, ma vale anche il suo contrario: a Natale siamo tutti un po’ più veri.
Vi auguriamo di volervi bene e anche di volercene se potete, oltre alla salute naturalmente, che quella “è sempre la prima cosa”.
Buona lettura, buona scrittura a tutti.