Giovani internauti e pornobulimia
di Riccardo Greco
Presidente del Tribunale per i Minorenni di Bari
Quando ero giovanissimo non sapevo un’ “acca” del sesso, ed ora che sono over ne so fin troppo. Comunque ho molta ritrosia nel parlarne Difficilmente potrei farlo con un millenial. Per ragioni professionali, mi ritrovo a discuterne in convegni o workshop, con interlocutori rigorosamente adulti, e le mie osservazioni si risolvono in una disamina del fenomeno senza pretese didattiche.
Ah quanto è difficile essere educatori! E spiegare il sesso ai giovani. Non è per me. Che volete dunque, che faccia ora con voi? Scriverò dell’approccio iniziatico al sesso con il piglio di un chirurgo robotico, e con un prudente distacco scientifico.
Mi sono fatto l’idea che un adulto, quando tenta di avvicinare concetti così intimi, è inevitabilmente fuorviato dal bagaglio esperenziale, e si propone con una strutturazione teorica, che è invece estranea al suo interlocutore imberbe. Questo vorrebbe un contatto fresco, originale, genuino; non contaminato dal substrato di una vita già vissuta. Il sesso giovanile è contornato da interrogativi, dubbi, incertezze; è un luogo misterioso, che incuriosisce e spaventa; tenta, ma induce vergogna e nascondimento. E la naturalità dei gesti, inizialmente onanistici, ha a che fare con la conoscenza di sé, ma in un modo che non si può dire, perché l’intimità si cela dietro la riservatezza. Così, il compito iniziatico i ragazzi lo affidano ai pari, trovando nel gruppo una funzione di mutuo rinforzo. Fra loro è più facile confidarsi; da loro è più facile ricevere spiegazioni e consigli.
A patto che ne sappiano davvero qualcosa. Vi sarà accaduto, però, quando anche voi, come me, siete stati giovani, che il sapientone fosse quello che più si dava arie di grande conoscitore e con atteggiamento sarcastico vi lasciava senza nessuna delle spiegazioni che avreste voluto e vi abbandonava alle vostre insicurezze.
Nulla di nuovo. Accade così ancora oggi ai nostri ignari adolescenti. I quali, sono più provveduti di un tempo, e possono ora affidarsi a un mezzo gratuito, vicino e anonimo: il web.
Il loro è davvero sesso 2.0. Perché la stessa conoscenza dei rudimenti erotici passa da internet.
Di fatto, è sempre più difficile confrontarsi nella cerchia di amici con le insicurezze reciproche, perché il sapientone è quello che ha avuto prima degli altri accesso al misterioso mondo svelato dai siti porno. Per cui manca uno scambio paritario di esperienze insoddisfacenti, che introducono l’apprendimento reciproco e la sicurezza di uno spinge gli altri a una regressione confidenziale, rendendoli più dubbiosi e titubanti nello svelare le proprie incertezze. Anche loro troveranno il modo di farsi prima un’idea tutta propria, attraverso il passaggio dal pc.
Ecco dunque, che la relazione iniziale col sesso non è più gruppale, ma individuale e si restringe al rapporto con un mezzo tecnologico; senza nessun filtro, nessuna mediazione conoscitiva.
Sapete bene la potenza e il limite di internet. Il web è un immenso deposito di dati, che possono introdurre alla conoscenza su ogni più minuto aspetto della vita. Ma i siti sono costruiti dagli adulti, con metodi e finalità diverse da quelle educative. Le immagini non spiegano, ma mostrano; non accompagnano, ma ostentano; non procedono per deduzioni.
Di più:
basta un click, la semplice digitazione di un tag, due dita veloci sulla tastiera per attraversare il confine.
Di modo che con un’immediatezza che non autorizza riflessioni, tentennamenti, dubbi morali, si entra in un circuito di apprendimento senza regole, al riparo da censure e rimproveri, in connessione diretta con un mondo virtuale, che è assai lontano dalle comuni esperienze.
Internet è egalitario, e non distingue i suoi frequentatori.
Tutti, da qualunque luogo provengano, qualunque sia il loro livello culturale, e soprattutto qualsiasi età essi abbiano, si trovano accomunati dalla visione identica degli stessi contenuti. Il che, ha già l’effetto di un’omologazione di massa, mediante un processo identificativo dei comportamenti corrispondenti alla routinarietà del modello e alla sua globalizzazione. Sui minori ha ricadute certamente più complesse.
La riflessione più scontata riguarda la perdita dell’innocenza, quella condizione di inconsapevolezza che tiene al riparo da turbamenti, emozioni negative, insicurezze, dinamiche competitive; e di cui l’educazione sessuale dovrebbe rispettare i tempi, con una metodologia di accompagnamento graduale. L’iniziazione, non può essere un capovolgimento repentino di una condizione (ignoto/noto), un disvelamento immediato, e dovrebbe piuttosto definirsi come un percorso di apprendimento, contrappuntato da tappe progressive.
Il web è esattamente il contrario. L’eloquenza dei contenuti, definiti essenzialmente da foto e da video, è di un’immediatezza realistica, che pone di fronte al tutto conoscibile, nella svolgimento istantaneo delle immagini. L’innocenza perduta viene a definirsi in questo modo, come una frattura della maturazione emotiva, che smarrisce la suggestione dei sentimenti per ridursi alla crudezza dell’atto erotico.
D’altra parte, l’assenza di una mediazione conoscitiva lascia un ambito indefinito di interrogativi e spinge alla conoscenza diretta, mediante la ripetizione di atti similari, introducendo meccanismi di emulazione. Il confronto con il pc e l’assenza dell’interazione con la macchina, induce per un verso, a un bulimico accesso a ulteriori informazioni con la ossessiva ricerca di siti, e, per altro verso, a una sperimentazione diretta che possa consentire di “vedere cosa succede”.
Quello che si apprende da internet, allora, diventa una condizione normale dell’esistere, ed è vissuto come l’ordinario svolgersi delle relazioni sessuali. Un indottrinamento per immagini, anatomicamente dettagliate e funzionalmente indirizzate al gioco erotico, definisce i comportamenti, privilegiando il godimento ai sentimenti, e rendendo normale un accesso al sesso, fruibile in quanto tale, e indipendente dalla costruzione di una relazione.
La consegna di esempi “amorali” (nel senso letterale di privazione di un ethos) fa ritenere regola anche la brutalità del rapporto, con un’esaltazione della prevaricazione di ruolo basata sulla forza, sulla predominanza fisica, sulla capacità performante.
Un’iniziazione così fatta ha in sé il pericoloso condizionamento degli stili di vita futuri. Può indurre smarrimento e sconcerto e finanche rifiuto del confronto, in tutti coloro che non riescono a immedesimarsi in un ruolo dominante, provocando isolamento e chiusura e, nelle condizioni limite, sviamento dei rapporti, ambivalenza identitaria, disforia di genere. In altri casi esalta l’ideazione egoista e ingigantisce l’”io”, spingendo a condotte prevaricatrici, come espressione di normalità. La fascinazione della violenza, che trova un limite nel senso di rispetto dell’altro, viene slatentizzata dall’identificazione con il superuomo erotico, idealizzandone le performances e ponendolo a modello.
D’altra parte il bombardamento mediatico dell’esaltazione della bellezza e dell’erotismo passa attraverso tutti i mezzi comunicativi, anche meno segreti dei siti porno, e domina la cultura del benessere, inducendo ad accentrare l’interesse per l’esteriorità e la capacità di provocazione.
Una posa stereotipata si assume nei selfie, con la bocca pronunciata che stira i lineamenti del viso; e, accennando a un bacio, ha l’effetto combinato di dichiarare una disponibilità. Un gesto semplice, ragionevolmente innocente, che ha un richiamo esso stesso erotico. Qualche gradino più su, il sexiting, che diventa esplicita ostentazione del proprio corpo. Foto di nudo scattate per mostrarsi, e inviate con esplicito intento provocatorio. Ma con la finalità, più intima, di autocompiacimento, perché esporsi agli altri e riceverne l’apprezzamento genera sicurezza e rafforza la percezione del sé.
E’ evidente l’alterazione percettiva, giacchè ancora una volta il corpo e la sua strumentalizzazione, sono messi al centro delle relazioni. La conoscenza empatica cede rispetto al modello estetico e la sensualità domina il campo dei rapporti. C’è da chiedersi se le future unioni di coppia reggeranno a dinamiche relazionali basate esclusivamente su stimoli erotici. Certo dobbiamo trovare una via di uscita che non consegni definitivamente la crescita sessuale agli stereotipi di una divulgazione pornografica. Non si tratta di una visione moralistica, ma strettamente correlata al benessere sociale e alla ricostruzione della famiglia come unità di sentimenti.
Urge un’educazione che faccia riscoprire le relazioni emotive.