di Nicky Persico

poeta e scrittore

Il sesso e l’amore nell’era digitale.

Era il il 1976. Un settembre anonimamente diverso dagli altri: in quegli anni ogni settembre, lo era.
Savelli editore pubblicò un libro dal titolo crudo e dolce: Porci con le ali. L’effetto sociale fu dirompente ed il suo successo editoriale esondò oltre ogni più ardita previsione. Era la storia di due liceali, narrata senza alcuna censura sugli aspetti sessuali della loro vita, che venivano affrontati in modo chiaro, esplicito ed estremamente dettagliato.
Sono passati circa quarant’anni, da quel periodo, e anche svariate ere digitali.
Il concetto di scandalo non ci appartiene più – o quasi – e l’accesso al nudo e al porno sono praticamente un luogo comune.
Negano tutti, certo, ma se fai una battuta citando Siffredi è oggettivamente molto raro che qualcuno dei presenti chieda: “Chi è?”
E vale la pena sottolineare che esistono ormai miriadi di siti e applicazioni per incontri di ogni tipo, senza troppi giri intorno, sia per chi cerca incontri senza ‘complicazioni’ – e con tanto di specificità di ogni sorta – sia per chi cerca l’anima gemella cui accompagnarsi per tutta la vita.
La rete offre anche un pulpito perpetuo, una vetrina costante, uno spioncino sulle vite altrui. O almeno, questo a volte siamo portati a percepire, e quindi a credere.
Una estensione, insomma, dei nostri sensi: con tutte le sue potenzialità ed i suoi ingannevoli limiti. Per dirla con Schopenhauer: “La lontananza che rimpicciolisce gli oggetti per l’occhio, li ingrandisce per il pensiero”.
E’ cambiato tutto, in questi quarant’anni, tranne noi.
La rete e i social, tuttavia, sono soltanto una cartina di tornasole della realtà, e anche se a volte sembrano capaci di saturare incontrastati la nostra quotidianità, le nostre percezioni, le nostre abitudini e il nostro modo di comunicare, restano esclusivamente un mezzo – articolato e potente – attraverso il quale esprimerci, conoscere, cercare, trovare. Sperimentare, anche.
Se ne riscontra comunque una diffusione endemica, ormai a livello planetario, che conta pochi stoici superstiti spesso penalizzati da una sorta di esclusione. E a chiedersene il perché sembra emergere chiaro un dato principale, nel quale tutto questo affonda le sue profonde radici: una sostanziale solitudine di fondo. Affiancata, certo, da moltissimi elementi come la curiosità e mille altri fattori. Ma non si può prescindere dal concetto che qualsiasi cosa prende spazio dove c’è una carenza. E a guardar bene la nostra società, che ci aggradi o meno, lo è in uno dei campi più importanti della nostra vita: quello delle relazioni.
Nella realtà non virtuale le occasioni di relazionarci davvero ad altri appaiono illusoriamente moltiplicate, ma sono invero estremamente rarefatte: si limitano spesso alla condivisione fisica di spazi o eventi, sprovviste di alcun tipo di dialogo reale, di scambio di vedute, di qualsivoglia manifestazione assimilabile al concetto di ‘conoscenza’ degli altri. Eventi perlopiù aggreganti in termini numerici, ma nella stragrande maggioranza dei casi sprovvisti progettualmente di una finalità osmotica, se non maniera incidentale.
Al contrario, i social network più diffusi – accusati sovente di renderci alieni nel contesto reale – offrono su un piatto d’argento, o almeno a noi così sembra, proprio queste possibilità di incontro, di ‘conoscenze’ altrimenti improbabili se non impossibili, di essere ascoltati, di essere ‘visti’. E perdipiù solo quando lo desideriamo o ne abbiamo possibilità, mostrando ed esternando solo quel che ci pare.
Un mondo facile, in fondo, che ci permette anche di vivere una parte di noi latente, silente, magari inespressa o mai sperimentata, nel quale il filtro virtuale attenua le inibizioni, i freni, i limiti. E talvolta le ipocrisie.
E non è difficile comprendere come qualcuno possa andare ‘oltre’, lasciando che un alter ego viva in una ‘esistenza’ parallela qualcosa di nuovo, di diverso. Per quanto ‘finto’ – se resta circoscritto a quell’area – riempie vuoti comunque esistenti: altrimenti, per definizione, non accadrebbe mai.
Abbiamo sempre avuto e continuiamo ad avere una naturale resistenza ai grandi cambiamenti che mettono in discussione abitudini acquisite. Ma allo stesso tempo non possiamo sottrarci, a tutto questo: possiamo solo accettarlo. Che ci piaccia o no, è il futuro in cui viviamo.
Non tutto questo, è male: anche se a volte può sembrare triste, guardandolo.
Ma anche tenero, nella crudezza di alcune sue forme.
Anche gli avatar fuggiti in una chat, hanno un cuore.
Oggi, come nel settembre del 1976.
Nella prefazione di una delle edizioni di quel libro la coautrice Lidia Ravera lo ha descritto come un invito “a vivere con serenità e con una consapevolissima leggerezza ogni aspetto della propria vita, ad accettare ogni aspetto della propria sessualità”.
Oggi, ancora una volta, sembra suggerirci una strada.
Forse voleva indicarci come, di fronte a tutto questo e alcuni decenni dopo, dovremmo porci: con le ali.

Nicky Persico

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