A Benevento arte e complessità con Enzo Varricchio
Università degli studi del Sannio
Liceo classico Pietro Giannone Benevento
Incontri 2019 su Scienza e Pensiero
La Complessità
Aula magna liceo classico Pietro Giannone
Venerdì 22 marzo h. 14,30
Enzo Varricchio, Arte e Complessità
Con la partecipazione della prof. Sovrint. Vega de Martini
“Arte è complessità, arte è semplicità”.
La civiltà contemporanea evidenzia la sua complessità legata all’aumento delle conoscenze, ai sistemi e alle reti in cui si dipana la sua evoluzione creando un insieme di relazioni in passato inimmaginabili che tuttavia ne aumentano la complessità e indecifrabilità. Si manigfesta l’esigenza del superamento degli specialismi per comporre una visione unitaria di questa postmodernità.
La relazione verte sul duplice rapporto biunivoco tra la più sofisticata forma di comunicazione semiofora che l’umanità abbia inventato – l’arte – e la struttura globalizzata, ipertecnologica e multidisciplinare del mondo odierno. Oggi il sapere è multiforme e aperto, collettivizzato persino grazie ai social network, cooperativo grazie a Wikipedia.
L’oggetto specifico della relazione è costituito dall’arte contemporanea e dal suo modo di interpretare i fenomeni della complessità e di semplificarli e trasmetterli con messaggi percepibili da tutti, in quanto racchiusi in immagini che esprimono idee e concetti.
L’arte è strumento di comprensione e sintesi della complessità. L’arte è una filosofia della complessità.
La cosiddetta postmodernità è il tempo perfetto per una visione concettuale del fare arte e del produrre oggetti d’arte in quanto utilizza l’iconografia come veicolo più efficace per comunicare sia nell’ambito culturale che in quello commerciale.
Il social network system è basato sull’immagine, sul bisogno di mostrarsi, distinguersi, esporsi velati dalla coltre del monitor, quindi senza rischiare (in apparenza) il giudizio individuale e diretto ma riversando sulla piazza virtuale di fb o Instagram pensieri e rappresentazioni della realtà che altrimenti non si avrebbe il coraggio o la capacità di sintetizzare.
L’arte concettuale, meglio e prima di qualunque messaggio pubblicitario o culturale riesce a cogliere i fatti e lo spirito dei tempi e a rappresentarli in immagini trasmissibili e comprensibili a un pubblico potenzialmente illimitato grazie alle accresciute possibilità dei new media.
Solo per fare un esempio, il miglior modo di raffigurare l’estremo bisogno di riumanizzazione della società moderna può essere la fotografia dell’artista iraniano Mahmoud Saleh Mohammadi intitolata Rahman tree, che raffigura lo stesso artista “piantato” nella terra di un vaso in città tra due vetrine, sul tema “Piantare esseri umani”. Così, il miglior modo di sensibilizzare al dramma della povertà non è un discorso di papa Francesco ma l’immagine ironica e potente dell’artista Alfonso Palieri che riprende un barbone che dorme in un giaciglio di fortuna con il titolo “Cartoni animati”. Il famosissimo e al contempo anonimo Banksi ha fatto più danni lui alla corona d’Inghilterra che una guerra persa, diventando egli stesso un’icona del nostro tempo.
A sua volta, tuttavia, l’arte diventa un sistema molto articolato e complesso quando risente degli effetti distorsivi e omologanti dell’estabilishment economico-finanziario fino a diventare essa stessa un oggetto di mercato, peraltro un mercato dominato non dai gusti del pubblico ma dalle quotazioni delle supergallerie e delle multinazionali del commercio di opere. La gente comune invece non fa che chiedersi: “Ma questa roba è arte?”.
Ovviamente spesso lo è (i tagli di Fontana hanno aperto alla pittura lo spazio della terza dimensione), ma manca un metro di giudizio comune e riconosciuto che permetta di attribuire un valore oggettivo e condivisibile a un’opera d’arte contemporanea.
Questa crisi profonda dell’arte nel senso commerciale del termine è un fatto normale nel nostro universo multiforme e barocco che sta per ritrovare, a giudizio di Varricchio, una nuova classicità.
Secondo il relatore, per superare lo status quo occorre elaborare una serie di parametri, da lui definiti “Minima Aesthetica”, che fungano da elemento discretivo, sia dal punto di vista giuridico che estetico, tra ciò che è arte e ciò che non lo è.
Una volta portato a termine, questo processo di semplificazione, potrà essere applicato ad altri campi del sapere e utilizzato quale antidoto alla difficoltà di decifrazione del caleidoscopico presente.