Pensiero magico e superstizione
Che cosa c’è alla base della superstizione?
Siamo uomini sapiens sapiens, dotati di logica, razionalità e pensiero ipotetico-deduttivo, eppure ognuno di noi, in momenti delicati, è ricorso ad una qualche forma di comportamento superstizioso o rituale per ingraziarsi la dea fortuna: magari non siamo passati sotto una scala, magari abbiamo portato con noi il giorno dell’esame un oggetto fortunato, oppure abbiamo inchiodato davanti ad un tenero micetto nero o toccato ferro…
Che cosa accade?
Una magia…
Ci affidiamo a quella parte residuale presente nel nostro cervello Adulto, precisamente nell’emisfero destro, che ha caratterizzato il bambino che è in noi, il pensiero magico (J. Piaget).
Quel pensiero che ci permette di percepire un legame tra due eventi indipendenti, per poi trovare delle prove a sostegno di questa illusione in modo più o meno consapevole.
L’esigenza di ricorrere a questo escamotage nasce come difesa dall’accettare lo smarrimento dovuto ad una realtà inafferrabile e illogica, in cui le cose accadono, spesso, senza una ragione.
E noi persone raziocinanti, non facciamo altro che ricercare, in avvenimenti privi di una causalità, una regola, un senso, una spiegazione, pur di mantenere quel controllo sugli eventi utile a non sentirci in balia e ad evitare l’angoscia dell’imprevedibile.
E’ così che nascono le credenze e le maledizioni. Una delle più note è sicuramente quella relativa al Club dei 27, come raccontato nella nostra rubrica on air. L’esigenza è proprio quella di trovare un senso ed una spiegazione al perché delle persone formidabili siano scomparse prematuramente, sottovalutando le loro abitudini autolesive e amplificando la loro grandezza ricorrendo alla costruzione di una vera e propria mitologia.
Le superstizioni aiutano a sentire che abbiamo fatto ancora qualcosa per cercare di garantire il risultato che stiamo cercando.
Il beneficio è sicuramente un maggior senso di fiducia e sicurezza a livello emotivo.
Ci sono sicuramente degli aspetti psicologici e caratteriali che determinano l’insorgenza e il ricorso a comportamenti o credenze superstiziose, per esempio, le persone che hanno un locus of control esterno. Esse infatti hanno la tendenza a sottolineare il peso degli accadimenti esterni nel direzionare la propria vita, percependosi alla mercé degli eventi e degli altri.
Diversamente è per le persone con un locus of control interno che tendono a credere di essere responsabili di ciò che accade nella propria vita, attribuendo a sé il potere di dirigere il proprio destino.
Incide notevolmente nello sviluppo di atteggiamenti superstiziosi una bassa autostima e un basso senso di autoefficacia.
Non tutte le credenze e i rituali sono da inserire nell’ambito della superstizione, la differenza la fa l’attribuzione di un significato magico al rito.
Nel momento in cui ci troviamo davanti ad una ripetizione precisa e rituale di un comportamento potremmo essere nell’ambito di un sintomo di un disturbo ossessivo-compulsivo allorché il rituale risponde ad una necessità di impellenza ed imprescindibilità interferendo notevolmente nella vita quotidiana.
Il sottile equilibrio tra pensiero magico ed equilibrio psicologico non è così scontato. Nel momento in cui il ricorso al pensiero magico (infantilismo) diviene predominante come difesa da una realtà inaccettabile e dolorosa potrebbe sfociare in una dimensione delirante.
Ad ogni modo, riuscire ad alimentare nella giusta misura quella parte che attiene al bambino, per Hillman e Jung, significa andare a risvegliare quelle parti nascoste o sopite presenti in ognuno di noi, che hanno in sé un’energia capace di rinnovarci e a volte salvarci, svelando potentissimi punti di forza e permettendoci di vivere creativamente la nostra esistenza.