V per Vigliacchi
Una mandria impazzita. Un sguardo attento. La roccia. Uno sguardo compiaciuto. Una rupe. E di nuovo la mandria impazzita.
Era il 1994 e i bambini di tutto il mondo assistevano alla dipartita di Mufasa ne “Il re leone” (R. Allers, R. Minkoff, 1994), una delle ultime morti su schermo meglio confezionate dalla Disney prima dell’attuale ondata di buonismo e del politically correct. Gli spettatori perdono senza censure uno dei protagonisti del film al minuto 35, Simba perde suo padre, Sarabi perde il suo compagno, il regno perde un re, il volto di Scar guadagna un sorriso sinistro. Perché Mufasa non è morto, Mufasa è stato ucciso! Ed è stato proprio il fratello a macchiarsi gli artigli di un tale gesto.
Gli stessi artigli che ha tirato fuori Amy Dunne, protagonista del thriller Gone Girl – L’amore bugiardo (D. Fincher, 2014) all’ennesimo sopruso del compagno di vita. Stremata da anni di angherie e prevaricazioni, e dalla noia di un matrimonio prevedibile progetta un piano perfetto che ha come scopo principale non una vendetta fine a stessa ma una nuova realtà a lungo termine, che ricorderà per sempre al marito i motivi per cui si è arrivati fin lì.
E’ assurdo come a farci soffrire spesso siano le persone più vicine a noi.
Amy e Scar non sono dei semplici cattivi o dei normali antagonisti, bensì degli strateghi, capaci di sfruttare a loro vantaggio anche occasioni inaspettate o eventi fortuiti.
Il leone dalla nera criniera è l’eterno secondo, l’eterno sconfitto; sotto le luci del successo che abbagliano la sua famiglia non c’è posto per lui. Nonostante i modi cortesi ed eleganti, viene penalizzato da una corporatura esile a causa “dell’impronta genetica troppo carente”, inoltre si rintana in luoghi angusti come grotte e caverne e si accontenta di uno stuolo di seguaci inefficienti e mercenari; il tutto lo porta a interiorizzare che per cambiare la sua condizione può contare solo su stesso. Per questo motivo riabilitare la figura di Scar è doveroso: il self made man della savana è pronto a tutto per affermare se stesso nel regno poiché fiducioso delle proprie capacità di stratega, stanco delle continue vessazioni della corte, per giunta provenienti gratuitamente proprio dai suoi stessi familiari, e gli sfottò del ‘micio spelacchiato’. Troppo facile nascere figlio del re, Simba! Ciò che affascina di Scar è appunto la determinazione nel perseguire i suoi obiettivi: l’eliminazione dei successori al trono e la conquista del titolo di re delle Terre del Branco. E non si proponga di nuovo
il parallelismo con Re Claudio, zio di Amleto. Qui non c’è spazio per futili sentimentalismi, il fratricidio è ultima tessera per comporre un puzzle in costruzione da anni.
Amy e suo marito Nick invece, quel puzzle lo hanno del tutto sfaldato. Colpa di entrambi a seconda dei punti di vista, sta di fatto che il loro solido rapporto, consumato su lenzuola da duemila fili e intrecciato nelle storie di Jane Austin non esiste più.
“Noi ci amiamo, e tutto il resto è rumore di sottofondo”
continuava a ripetersi la coppia. Un amore idilliaco, intenso e reale che non regge però alle scosse dei guai finanziari, della monotonia e degli obblighi familiari. E non è solo il matrimonio ad essere andato in pezzi, poiché la donna giorno dopo giorno raccoglie i cocci infranti dei suoi sogni, delle sue speranze, delle sue ambizioni e della sua dignità. Amy decide di riappropriarsi di tutto ciò che il marito le ha portato via, o meglio, di ciò che lei stessa si è fatta sottrarre. Quella compiuta da Amy nei confronti del compagno di vita non è una vendetta, ma una rivalsa, che le permette di recuperare la fiducia nelle proprie capacità. Neanche in questo caso c’è spazio per i sensi di colpa e i tormenti, poiché colui che l’ha ridotta in quelle condizioni è proprio l’amore della sua vita.
Attraverso il loro modus operandi sia Amy sia Scar hanno portato avanti un proprio senso di riscatto, mettendosi in discussione, attivandosi in prima persona e scuotendo le proprie posizioni, dimostrando quindi non solo la voglia di non accontentarsi e di cambiare la propria condizione ma soprattutto il coraggio necessario ad andare proprio contro gli affetti familiari.
I due personaggi, nonostante diversi tra loro e con scopi quasi opposti, sono accomunati quindi dall’annerimento progressivo della loro anima a unica causa di coloro i quali ruotano intorno a loro, e che pertanto costituiscono il background di partenza delle loro azioni, che non sono innate bensì indotte. Le oppressioni, le insolenze, il disinteresse, il tradimento hanno prima creato e gradualmente tirato una corda che alla fine dei giochi si è spezzata.
E’ assurdo come a farci soffrire spesso siano le persone più vicine a noi.
E vale per tutti, vittime e carnefici!