Federico II - De arte venandi cum avibus

 

di  Giulia DragonettiMariagrazia Russo

immagini a cura di Alexandra Danila,  Elisa Tantaro

studenti P.O.N. Torremaggiore (Fg) coordinati dalla prof.ssa Samanta Macchiarola

 

La storia della falconeria si incrocia con la biografia del grande imperatore Federico II di Svevia (1194-1250).

La falconeria non rappresenta solo una manifestazione simbolica del potere del Puer Apuliae …questo l’appellativo a lui attribuito già in vita… ma costituiva una vera passione che coltivò costantemente, e gli permise di conoscere meglio il mondo della natura.

Pratica dalle radici antichissime, l’arte di cacciare con gli uccelli rapaci ha da sempre affascinato gli uomini. Il falco è molto più del fiero animale predatore che si avventa ad alta velocità sulla preda designata: è una pura immagine di potere, rappresenta il principe stesso nella sua nobiltà, è simbolo di intelligenza, abilità, eleganza, bellezza. Cacciare non è soltanto un gioco, un passatempo affascinante e spettacolare, ma è anche un esercizio di supremazia, un’affermazione di prestigio, ostentazione di potenza e forza.

Federico II amava i falchi e l’arte della caccia: ne possedeva a centinaia, addestrati e curati da decine di falconieri, per ricercare nuove specie e approfondirne le tecniche di addestramento. Per lui la Puglia, ovunque disseminata di castelli, fu il luogo ideale e prescelto per coltivare questa passione.

La pianura della Capitanata, la Magna Capitana, divenne il luogo in cui i falchi del grande sovrano   disponevano di un alloggiamento in appositi edifici; qui si addestravano gli esemplari migliori, quelli che entusiasmavano nel vederli compiere le straordinarie evoluzioni necessarie alla cattura di grandi prede.

A confermare questa passione il trattato di falconeria De arte venandi cum avibus, in cui lo Stupor mundi  diede  consigli non solo sulla falconeria ma rese anche un’opera di divulgazione scientifica su questi volatili.

Tra i rapaci più ricorrenti nelle battute di caccia di Federico II si ricordano il beccacino, la cacatra e l’airone bianco per i quali fece costruire il Parco dell’uccellagione al pantano di Puglia e il Parco di caccia presso Gravina e Melfi.  A Foggia, invece, in inverno, l’imperatore,  per dirla con Boccaccio, “uccellava”, ovvero catturava gli uccelli con l’uso di trappole e reti, evitando di ferirli in quanto destinati all’ammaestramento. Da lì non distava molto Fiorentino.

Proprio, a Fiorentino, domus solaciorum, Federico avrebbe preferito organizzare una delle sue battute di caccia, quando, nell’inverno del 1250 fu, invece, costretto a sostare a causa di un malore che lo condusse alla morte.

In questo luogo, oggi meta privilegiata di pochi intenditori, cecidit sol mundi; qui, passeggiando nel meriggio primaverile è possibile vedere i falchi librarsi verso il cielo e immaginare l’imperatore intento a scrutarli in un atteggiamento di superiorità e distacco dal mondo.

A tale vista, per gli appassionati di poesia, non tarderà ad apparire, quasi fosse un’illuminazione “ il falco alto levato” di montaliana memoria…

 

 

“…Bene non seppi, fuori del prodigio

che schiude la divina Indifferenza:

era la statua nella sonnolenza

del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.”

 

(Ossi di seppia, Spesso il male di vivere ho incontrato)

 

PH credits:

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Abilita le notifiche per non perderti nessun articolo! Abilita Non abilitare