Bugie sul grande schermo
di Flavio Andriani
scrittore
“A ogni uomo dategli una maschera e sarà sincero”, chiosava già Oscar Wilde e con lui tanti altri scrittori che hanno sempre confessato la necessità di essere menzogneri. La verità è triste, incolore, cruda. La menzogna è invenzione, artificio, seduzione. Letteratura e menzogna sono nate insieme. Impossibile scinderle. Sono sempre state necessarie l’una all’altra, da Omero a Camilleri. L’ Otello senza il perfido Iago, sarebbe stata una tragedia incolore. E se la Letteratura si è sempre nutrita di storie in cui la verità non era di casa (altrimenti il Marchese De Sade sarebbe finito alla ghigliottina), nel cinema, un genio come Orson Welles costruì la sua carriera sulla prima grande “fake“ annunciando per radio l’invasione degli alieni. Tanti anni dopo, il suo film “F come Falso– Verità e menzogne” fu il suo più grande insuccesso di botteghino, ma anche il suo film più puro, più sincero. Nacque come documentario d’inchiesta, in cui lui era dentro un set e alla moviola. Un montaggio di incastri e storie parallele. C’è lo sberleffo del cinema e dell’arte a camuffare una riflessione profondissima. Un film parodia, di una comicità autodistruttiva, un’opera-testamento. Il finale di un’autobiografia mitica che nasce irreale (con Quarto potere) e diventa reale. Dalle nostre parti Vittorio Gassman si definiva un bugiardo con un fondo totale di sincerità. A parte rari casi come lui, il mestiere dell’attore resta il mestiere più ridicolo del mondo. Si viene pagati per essere Tizio o Caio, il Conte o la Contessa, Antonio o Cleopatra. Dimenticando che, se un attore fa la parte di un altro, CHI fa poi la parte dell’attore? È tutto qui. E la chiamano spudoratamente “tradizione teatrale”. La realtà (sempre soggettiva) appartiene al soggetto parlante (attore o macchina da presa che sia) che la rappresenta e non all’IO (dis-graziato) che scioccamente si identifica in questo o in quel ruolo. Tutto il resto è (buono o pessimo) intrattenimento. Cinema come regno dell’immagine, pura finzione. Lo capì subito George Mélies e (dai fratelli Lumiere in poi) pochi altri. Senza dimenticare il geniale Godard. Ma dal Neorealismo in poi il pubblico di tutto il mondo è incomprensibilmente attratto , e si commuove pure, davanti ai temi sociali. Un cinema- verità, una realtà, quasi sempre drammatica, povera, raddoppiata in sala. Ladri di biciclette a oltranza. “ I poveri li avrete sempre, me no “. La menzogna però, cambia improvvisamente registro se viene recitata dai politici. Viene svuotata di valore artistico, per il semplice fatto di essere pessima recitazione, pessima letteratura, altrimenti Donald Trump dovrebbe essere oggi il migliore attore di Hollywood. F come falso: sarà dovuta a ciò la mia repulsione-attrazione di tipo allergica per le parole che cominciano con la F, come furbo, fake, fuffa, favola, facebook, facile, fallimento, fesso, fascista, fatica, fisco, fecondazione, felicità, fede, fiore, festa, fuga…e pensare che il mio nome comincia per F