Il Natale compravendibile
Natale, tempo di rinascita cosmica, solare, naturale, agricola.
Con il solstizio si rigenera la luce e la nascita del Cristo ne è l’incarnazione spirituale.
La memoria della lieta novella, annunziata prima agli umili pastori e dopo ai re sapienti d’Oriente e al mondo intero, unisce tutti i popoli in una festa che più globale non si può.
Natale è Natale ovunque, se non altro per le ricadute economico-commerciali che questa festa religiosa paradossalmente comporta.
Dimentichi del significato teologico, ma anche laico e sociale, di quel presepe che per primo fu San Francesco, poverello d’Assisi, a mettere in scena a Greccio con personaggi reali, primo regista di una sacra rappresentazione che vanta un numero infinito di repliche, oggi viviamo il Natale talora con fastidio, sommersi di regali da fare e da ricevere, ma troppo spesso più vuoti e soli che durante il resto dell’anno.
L’anno scorso intitolammo “Fantastico Natale” lo speciale di dicembre di SM
https://www.scriptamoment.it/2018/11/29/auguri-coolturali-da-sm/
dedicato alle variegate “tendenze” culturali e chic di questo periodo.
Quest’anno 2019 abbiamo pensato di usare le classiche lenti kantiane per guardare il Natale da un’altra prospettiva. La prospettiva del danaro.
I soldi, si sa, possono fare tutto o quasi ma chi non li ha non può fare niente.
Misurare come si vive il momento della nascita di Gesù attraverso lo strumento dei prezzi e dei soldi che costano le “cose natalizie”, forse può essere un buon modo per renderci conto dell’inutilità di ogni orpello quando si è in compagnia e ci si vuole bene.
La parola Christmas, alla lettera, significa “fare Cristo” e, una volta tanto, l’inglese rende bene l’idea.
Tornare a “Fare Cristo” dentro e fuori di noi, incontrando e aiutando gli altri, immedesimandoci in loro, soprattutto nei poveri e derelitti, è l’unico senso di un Natale che dura tutto l’anno, valido per laici e credenti, ben raffigurato nell’arte del presepe (da saepes, greppia, rastrelliera che nelle stalle sovrasta la mangiatoia vera e propria e in cui si mette il fieno o la paglia per nutrimento delle bestie), nella povertà ricchissima di un re nato in un’umile spelonca.