Scrivere su Santa Claus
di Enzo Varricchio
E’ più facile contare le onde del mare, le gocce della pioggia, le stelle e con uno sguardo vedere tutto l’Atlantico, che raccontare tutte le meraviglie di Dio compiute per mano di san Nicola”.
G. Damasceno († 750 d.C.), in P.G. XCVI, ca. 1389
In letteratura, San Nicola ha una storia rilevante. Innanzitutto nel genere delle biografie. La prima vita artistica in volgare fu composta in lingua francese e risale ad un periodo anteriore al 1100.
Vennero poi composte vite in inglese, in tedesco e persino in norvegese.
I primi autori del ciclo arturiano Robert Wace e William di Malmesbury scrissero anche biografie del santo.
Un capitolo della famosa e importantissima Legenda Aurea di Jacopo da Varazze (1228-1298) gli è dedicato.
Nicola appare sovente nella letteratura visionaria. Del 1196 è Monaco di Eynsham, una delle più famose visioni escatologiche medievali. In quest’opera, per molti aspetti anticipatoria della Commedia dantesca, il santo sostituisce Virgilio nel ruolo di guida del protagonista, tale Edmund.
A Nicola si interessarono molti scrittori satirici e poeti comici: Nicolaus de Ribera, Walter di Chatillon, Jean de Meung, e il grande Rabelais.
La leggenda del taumaturgo, con i due drammi di Hildesheim, composti verso il 1100 e denominati rispettivamente Tre Figlie e Tre chierici, affermò il patronato di Nicola sugli studenti e diede impulso all’evoluzione del verso drammatico sino al decasillabo di Shakespeare.
Nella letteratura profana, anche se di sfuggita, S. Nicola è ricordato sia dal Chaucer che dallo Shakespeare. Il primo nel Racconto della Priora lo immagina patrono della protagonista e le sta a fianco mentre compone i versi; il secondo lo nomina, ad esempio, nel dramma Enrico IV, quando chiama i ladri e i briganti “St. Nicholas’Clerks”.
Un altro genere battuto dal personaggio nicolaiano è quello della ballata: molto popolari sono quelle composte da Gerard De Nerval e Le miracle du grand saint Nicolas di Anatole France.
Con l’avvento del Luteranesimo, poi della Controriforma e di un’atmosfera ostile alle dulìe, San Nicola aveva iniziato la propria parabola discendente in tutta Europa.
Nelle regioni settentrionali cominciò ad essere rappresentato in modo distorto, ad essere accompagnato da figure infere, financo ad essere demonizzato e assimilato agli dei pagani del Wahalla nordico.
Iniziò il suo secondo viaggio, questa volta oltreoceano, verso l’America.
Secondo la citata leggenda, diffusasi ad inizio ‘800 in ambiente newyorkese, la sua icona era saldamente ancorata alle polene delle navi olandesi dirette verso il nuovo mondo, a fondare Nuova Amsterdam, oggi New York: la “terza Roma” dell’arte mondiale.
In realtà, furono il giornalista Washington Irving, lo scrittore Clement Moore e il disegnatore Thomas Nast a reinventare nel XIX secolo il personaggio del santo cristiano e trasformarlo nel suo “alter ego” Santa Claus, idolo consumistico nordamericano.
L’ultima metamorfosi, estetica e semantica, quella nel Babbo Natale panciuto che porta regali ai bambini, San Nicola la deve alla fantasia di un artista utilizzato dalla Coca-Cola Company a partire dal 1931: Haddom H. Sundblom, il disegnatore che inventò il nuovo personaggio delle feste, derivandolo dalle antiche figure simbolo della tradizione natalizia.
Il mitema di San Nicola, attraverso questa nuova immagine artistica, sulla scorta degli interessi della multinazionale delle bibite e dell’avanzata del capitalismo statunitense, è tornato nella seconda metà del nostro secolo ad affacciarsi in Europa, attecchendo in modo particolare in Scandinavia, luogo ove oggi può individuarsi la sede principale dei seguaci di Father Christmas, chiamato in Lapponia Joulupukki.
Per concludere in musica questa sintetica disamina del cospicuo corpus artistico dedicato al mirablita mirese, valga ricordare che due grandi compositori come Haydn (Messa in onore di San Nicola) e Benjamin Britten (cantata in onore di San Nicola) hanno dedicato loro opere al santo.
C’erano una volta tre bambini
che andavano a spigolare in un campo.
Arrivano una sera da un macellaio
“Macellaio, potresti ospitarci?”
“Entrate, entrate, piccoli,
c’è posto senz’altro.”
Erano appena entrati,
che il macellaio li ha ammazzati,
li ha fatti a pezzettini,
li ha messi a salare come maialini.
San Nicola dopo sette anni,
San Nicola arrivò in quel campo.
Se ne andò dal macellaio
“Macellaio, potresti ospitarmi?”
“Entrate, entrate, San Nicola,
posto ce n’è, non ne manca davvero”
Era appena entrato,
che chiese da cena.
“Volete un pezzo di prosciutto?”
“Non ne voglio, mi sembra brutto”
“Volete un pezzo di vitello?”
Non ne voglio, non è bello!
Voglio proprio il salamino,
che sta a salare da sette anni!
Quando il macellaio lo senti,
fuori dalla porta se ne fuggi.
“Macellaio, macellaio, non fuggire,
pentiti, Dio ti perdonerà.”
San Nicola posò tre dita
sull’orlo del salatoio.
Il primo disse: “Ho dormito bene!”
Il secondo disse: “lo pure!”
Rispose il terzo: “Credevo d’esser già in paradiso!”
(Gerard de Nerval in “Le Figlie del fuoco”, 1854)