Oscar a freddo: il genio Bong Joon-ho
“Il cielo è koreano sopra Los Angeles!”
In questa esclamazione, pronunciata dalla mia fedele compagna di occhiaie cinematografiche, è racchiuso il riassunto perfetto della notte più attesa dai cinefili; ma andiamo con ordine.
La cerimonia dei premi Oscar, come di consueto, si è tenuta presso il Dolby Theatre di Hollywood e anche quest’anno non ha avuto un presentatore ufficiale, infatti diverse personalità del cinema e della televisione si sono alternate nella presentazione dei premi e nell’esecuzione di siparietti comici ed esibizioni live.
Janelle Monàe ha aperto la serata col botto, con un medley sulla base di Mr. Rogers’ Neighborhood, lasciando poi il palco a Cynthia Erivo, Randy Newman, Chrissy Metz, Idina Menzel e Elton John, quest’ultimo vincitore della categoria “Miglior canzone”, insieme a Bernie Taupin, per il film Rocketman (D. Fletcher, 2019).
Coloro che però hanno catalizzato l’attenzione sono stati Eminem e Billie Eilish: il primo compare sul palco dopo 17 anni dalla vittoria, sulle note di Lose Yourself (Oscar alla miglior canzone 2003) mentre la seconda, fresca vincitrice di multipli Grammy, accompagna il video tributo alle personalità del mondo dello spettacolo scomparse durante l’anno.
Fatta questa piccola panoramica sulla serata, passiamo all’argomento principale.
La stagione cinematografica corrente è stata un po’ anomala, infatti diversi film ‘da premio’ sono stati rilasciati sia nelle sale di tutto il mondo, sia sulle piattaforme streaming, a cavallo tra l’estate e l’autunno e quindi in abbondante anticipo rispetto al consueto; primi tra tutti C’era una volta… a Hollywood (Tarantino, 2019), Joker (T. Phillips, 2019), The Irishman (M. Scorsese, 2019), Storia di un matrimonio (N. Baumbach, 2019) e Parasite (Bong Joon-ho, 2019).
Non c’è da stupirsi quindi se i quattro attori vincitori dei premi per la recitazione fossero stati già predetti da diversi mesi, sbaragliando la concorrenza. Nulla da dire sulle loro interpretazioni, alcune da manuale e alcune sui generis, e sul merito della statuetta; unico escluso da menzionare è Adam Driver, candidato al miglior attore protagonista, che in Storia di un matrimonio ha dato pieno sfoggio del suo talento, e per il quale ci sarà sicuramente spazio nel prossimo futuro.
I premi tecnici di fotografia, montaggio e sonoro, anche questi più che meritati, sono stati equamente divisi tra 1917 (S. Mendes, 2019) e Le Mans ’66 (J. Mangold, 2019) mentre Piccole Donne (G. Gerwig, 2019) si aggiudica i miglior costumi, Bombshell (J. Roach, 2019) il miglior trucco e acconciatura e C’era una volta… a Hollywood (Tarantino, 2019) riceve la miglior scenografia (d’obbligo, ci avete riportato negli anni ’60!).
Senza troppe sorprese, Hildur Guðnadóttir conquista la miglior colonna sonora per Joker (T. Phillips, 2019) -prima donna in solitaria a vincere in questa categoia- mentre Taiki Waititi ottiene la miglior sceneggiatura non originale per Jojo Rabbit (T. Waititi, 2019), primo indigeno di etnia maori ad essere premiato (alla faccia di #oscarsowhite!)
Fin qui tutto liscio, ma le sorprese, alle quali gli oscar ci hanno abituati da sempre, non son tardate ad arrivare. Bong Joon-ho, e il suo Parasite, è stato il protagonista indiscusso della cerimonia, infrangendo record e realizzando primati su primati (primo film sudcoreano a essere nominato nella categoria Miglior Film internazionale e a vincere la statuetta; primo film in lingua non inglese a vincere Miglior Film; primo film, vincitore del Miglior Film internazionale a vincere anche nella categoria Miglior Film; primo film vincitore sia della Palma d’oro a Cannes sia dell’Oscar al Miglior Film).
Oltre e Miglior Film e Miglior Film Internazionale Bong Joon-ho vince la miglior sceneggiatura originale ma soprattutto la miglior regia, il premio più incerto di questa edizione data che la presenza di candidati illustri, quali Tarantino, Mendes e Scorsese (al quale il regista sudcoreano dedica una rispettosa standing ovation durante il discorso di ringraziamento).
Parasite ha messo d’accordo tutti: la critica, la stampa, gli addetti ai lavori (compresi i colleghi registi ma anche attori e produttori), le academy dei diversi premi ma soprattutto la platea nelle sale; infatti, un pubblico variegato, dal cinefilo snob allo spettatore della domenica, ha apprezzato un film originale, dinamico, girato con minuziosa cura, ricco di significati e spunti di riflessione, con una colonna sonora azzeccata in ogni momento.
Questa vittoria genererà ripercussioni a lungo termine, a partire dalla riscoperta e promozione a livello globale del cinema asiatico e di registi come Park Chan-wook, Kim Ki-duk e Hirokazu Kore’eda.
Inoltre il segnale che viene dato è forte: l’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, i cui membri assegnano i Premi Oscar, sta finalmente mostrando una maggiore apertura verso film che escono dai canoni del politically correct, dalla ‘celebrazione’ delle difficoltà umane o dalle storie in cui gli USA sono protagonisti; il tutto giustificato da una distribuzione dei film più attenta ma anche dagli ingressi, negli ultimi anni, di nuovi votanti più giovani rispetto all’età media, più variegati come nazionalità, più curiosi delle novità proposte dal cinema di tutto il mondo e con un bagaglio esperienziale contaminato da collaborazioni lavorative diverse tra loro e culturalmente variegate.
Ore 5.56. Quest’anno si va a letto soddisfatti!