di Mario Persano

Sacerdote e docente universitario di pedagogia

“Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: Svegliati Signore! Non lasciarci in balia della tempesta…

Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori.

Ci chiedi di non aver paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi.

Però tu, Signore, non lasciarci in balia della tempesta.Voi non abbiate paura (Mt, 28, 5)

E noi, insieme a Pietro, “gettiamo in Te ogni preoccupazione. Perché Tu hai cura di noi (cfr. Pt 5,7)”.

 

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, la tua Parola stasera ci colpisce e ci riguarda, tutti. In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato. Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: “Svegliati Signore!”.

«Venuta la sera» (Mc 4,35). Così inizia il Vangelo che abbiamo ascoltato. Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti. Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: «Siamo perduti» (v. 38), così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme”.

Papa Francesco, preghiera in piazza San Pietro, 27 marzo 2020.

Come mi ha suggerito il mio grande amico Enzo Varricchio, mi permetto di sottolineare in questo momento particolare di sofferenza e di smarrimento alcune parole di Papa Francesco, tratte dal bellissimo incontro di venerdì 27 marzo in piazza S Pietro.

L’immagine di quest’uomo vestito di bianco che, con fatica, procede in una piazza vuota e bagnata dalla pioggia è quella della domanda umile, semplice, senza pretese, a Dio.

È un atto religioso certo (dal latino “religio”=legame), e dunque profondamente umano, perché lega, mette in rapporto il cuore dell’uomo, di ogni uomo, con colui che è il destino, l’origine e il fine di tutto, che abbiamo imparato da piccoli a chiamare Dio, che si è mostrato a noi come Padre.

Il rapporto con il Mistero di Dio non può essere formale o dettato da schemi o rituali, se pur religiosi, ma è abbraccio affettivo, di confidenza, di tenerezza, che può diventare grido e supplica di essere considerati e salvati.

E’ domanda del cuore, di ciò che rappresenta ciascuno con la sua intimità e unicità, a colui che, come dice Dante, ”tutto puote ciò che si vuole … è più non dimandare”.

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Abilita le notifiche per non perderti nessun articolo! Abilita Non abilitare