di Giulia Reina

Al 1° gennaio 2019, gli stranieri residenti in Italia che professano la religione cristiana sono il 53,6% del totale dei residenti immigrati – tra cattolici, ortodossi evangelici e altri cristiani – seguiti dai musulmani (Fondazione ISMU su dati Istat e Osservatorio Regionale per l’integrazione e la multietnicità – ORIM).

La religione appare, così, uno strumento di integrazione, di coesione sociale e di lotta alla solitudine e alla nostalgia di casa.

Tuttavia, uno studio del 2018, pubblicato dall’Istituto Pew Research Center e intitolato “Being Christian in Western Europe” (fonte: https://www.pewforum.org/2018/05/29/being-christian-in-western-europe/), ha evidenziato che “l’identità cristiana in Europa è associata con un maggior livello di sentimenti negativi verso immigrati e minoranze religiose” e che sono sempre i cristiani “a esprimere più probabilmente posizioni negative verso immigrati, musulmani o ebrei”.

Insomma, i cristiani sembrerebbero essere maggiormente intolleranti verso l’immigrazione rispetto a coloro che non professano alcuna religione.

Il che è quantomeno curioso.

Il Vangelo secondo Matteo così cita: «Ama il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Ama il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti» (Matteo, 22, 27-40). Lo stesso concetto è espresso anche negli altri Vangeli e, in generale, racchiude il senso del c.d. “Grande Comandamento” o “Comandamento dell’Amore”, ovvero l’insegnamento più importante di Gesù, che associa, o meglio, concilia l’amore per Dio con l’amore per il prossimo.

Ma allora la domanda è: che cos’è oggi la religione?

Non può essere solo un complesso di dogmi e precetti. Eppure, tutto questo snobismo, questa indifferenza, l’assenza di empatia si scontrano con il significato profondo, il senso, della religione.

Ne sono esempi l’egoismo di chi è letteralmente scappato dalla zona rossa, la scelleratezza di chi prova sollievo quando le disgrazie capitano agli altri, l’incoscienza di chi infrange le norme con quella naturalezza che trova tipica fonte in una propria asserita furbizia.

Fare una preghiera la sera, in ginocchio affianco al letto, non ci rende persone buone.

La qualità è tale solo se è sostanza.

Siate buoni, non ipocriti.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Abilita le notifiche per non perderti nessun articolo! Abilita Non abilitare