di Rocco Lombardi

Ricky Gervais è un genio. Senza se e senza ma.

Da poco è disponibile su Netflix la seconda stagione di “After Life” – serie catalogata come “umore nero” alias “black humor” – interamente “made by a fucking bastard genius”.

L’attuale situazione emergenziale ha avuto come effetto collaterale l’impossibilità per la piattaforma americana di fornire le nuove serie con il doppiaggio. Siamo quindi “costretti” a vedere i prodotti Netflix in lingua originale.

Gran bella costrizione. Con tutto il rispetto per la scuola di doppiaggio italiana che è a dir poco eccellente – non si possono non ricordare gli scomparsi Ferruccio Amendola e Tonino Accolla – abituare il pubblico alla visione in lingua originale è cosa buona giusta.

Senza spoiler e senza volersi dilungare, la trama è piuttosto semplice. Un giornalista di bassa lega perde la moglie per un cancro e si districa tra l’ammaliante suicidio e la complessa rinascita.

L’indisponente ed estrema ironia che caratterizza le battute rende il lavoro del comico brittanico molto poco “british” e piuttosto politically scorrect.

Non mancano, tuttavia, spunti di riflessione immensamente profondi sul senso della vita, sui rapporti umani e sopratutto sulla morte.

L’artista, quasi sessantenne, si è sempre distinto per il suo stile irriverente e per la sua schiettezza. Non a caso è stato scelto per ben cinque volte come presentatore dei Golden Globes, nel tentativo di rendere meno melensa e carica di retorica una cerimonia colma di discorsi di ringraziamento. Nell’edizione del 2020, inaftti, ha avuto il coraggio di dire pubblicamente quello che in realtà molti hanno solo avuto il coraggio di pensare:

Le aziende per cui lavori, incredibile. Apple, Amazon, Disney. Se l’ISIS avviasse un servizio di streaming, chiamereste il vostro agente [per lavorare con loro], vero? Quindi, se stasera vinci un premio, non usare la tua piattaforma per fare un discorso politico. Non siete nella posizione di dare lezioni al pubblico su nulla. Non sapete nulla del mondo reale. La maggior parte di voi ha passato meno tempo a scuola di Greta Thunberg. Quindi, se vincete, venite su, accettate il vostro piccolo premio, ringraziate il vostro agente e il vostro dio e andate a farvi fottere”.

Epica la reazione del buono d’America Tom Hanks.

Tornando alla serie…

“After Life” è un vero e proprio inno alla bellezza collaterale, alla possibilità di riapprezzare la vita dopo la sofferenza, all’importanza del farsi salvare dagli altri.

I personaggi secondari hanno delle sfumature estremamente interessanti e sono tutti pregni di una autoconsapevolezza per nulla banale.

Altro aspetto originale è quello relativo alla convivenza tra i gregari, un gruppo di perdenti che non si limitano a farsi “sorrentinamente” compagnia ma interagiscono con compassione reciproca e atroce schiettezza.

Unico neo il personaggio dello psicologo. Seppur divertente è totalmente inverosimile.

E’ particolarmente rilevante, invece, la puntata con il talent show, un palcoscenico dove si mettono a nudo comuni “sfigati” che di “talent” ne hanno veramente poco. In questa occasione, uno dei personaggi – Brian – sfodera una serie di improvvisazioni estremamente trash e per nulla sensate che creano un’atmosfera tesa e surreale.

Nonostante siano innumerevoli le scene meritevoli di commemorazione, una su tutte è degna di nota.

A circoscrivere un’immensa ode alla resilienza, al dolore, alla vita e alla morte ci pensa una citazione snocciolata con tempi, fotografia e musicalità di una semplicità perfetta.

La vedova Anne incontra il fascinoso proprietario del giornale sulla panchina che fronteggia la lapide del marito e dopo uno scambio di battute avviene questa poesia

“In tre parole posso riassumere quello che ho imparato sulla vita: SI VA AVANTI”

“Robert Frost”

“Sì”

“Meraviglioso”.

“Sì la vita va avanti. Sarà meno bella ma che vuoi farci”.

La bellezza sopravvive ed è ovunque.

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