Videointervista del direttore Enzo Varricchio a Roberto Oliveri del Castillo, il magistrato che in un romanzo del 2014 “Frammenti di storie semplici” aveva scritto del “sistema Trani”.

Con la scusa di una fictio letteraria, il giudice del Castillo, all’epoca GIP. a Trani (oggi alla corte di appello di Bari), aveva infatti chiaramente denunziato una rete di potere occulto intessuta da magistrati corrotti e imprenditori scafati in un piccolo ufficio giudiziario di provincia troppo simile a quello in cui prestava servizio per passare inosservato. Per questo aveva subito ritorsioni e inimicizie – sfociati in due esposti al CSM – da parte di coloro che si erano riconosciuti nei protagonisti di quel sistema malato.

Ora, dopo gli arresti eccellenti e le rivelazioni del contenuto delle intercettazioni nell’indagine sul “Sistema Trani“, del Castillo è diventato uno dei protagonisti  della resistenza al malaffare e uno dei giudici più menzionati del momento, in modo particolare da “Il fatto quotidiano”, che di lui  si è interessato a più riprese.

Questa è la prima videointervista a Oliveri del Castillo: dalla sua viva voce la ricostruzione della vicenda e la sua opinione sulla crisi di identità e di credibilità della magistratura italiana.

Alcune sue risposte:
“Le aspirazioni della nostra categoria (magistratura) è di assurgere ai ruoli dirigenziali e per farlo occorre trovare amici. Queste ambizioni fino a un certo punto sono legittime, oltre un certo limite non lo sono più””.

“Il giudice bravo non parte bene se non ha gli agganci giusti”.

“C’è un delirio di onnipotenza in alcuni magistrati delle procure, il voler imporre il proprio potere oltre i suoi limiti”.

“I pubblici ministeri dovrebbero cambiare sede dopo dieci anni come i giudici”.

“E’ evidente che alcune nomine da parte del CSM di alcuni capi delle procure non sono state illuminate. La nomina talora più che del merito risente dell’appartenenza del magistrato a una corrente”.

“Ho passato un periodo delicato quando il libro è stato pubblicato ma ho avuto la vicinanza dei miei colleghi di Bari, la loro vicinanza l’ho sempre sentita molto forte”.

“Come fa Amleto, mettendo in scena con attori il dramma dell’assassinio del padre, così io ho pensato che la rappresentazione  romanzata di qualcosa di indicibile e di incredibile, come può essere un sistema di illegalità ambientato in un ufficio giudiziario, fosse il modo migliore per raccontare i fatti”.

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