Animali misteriosi
di Giulia Vocale
studentessa I.S.I.S.S “Fiani-Leccisotti” Torremaggiore (FG)
“È la fede degli amanti
come l’araba Fenice:
che vi sia ciascun lo dice,
ove sia nessun lo sa.”
(Demetrio, atto II, scena III)
Questi versi, risalenti al 1731 e composti da un famoso poeta e librettista dell’epoca, Pietro Metastasio, considerato il riformatore del melodramma italiano, probabilmente, non sono noti a tutti…
L’intento dell’autore, al di là del contesto in cui erano inseriti, era quello di mettere in relazione l’essenza di un sentimento antico quanto l’uomo, ovvero l’amore, con un antichissimo mito: quello della Fenice, animale straordinario, paragonato al “noto mistero” della “fede degli amanti”, mistero per il quale non si è ancora, ahimè, trovata una risposta.
E mentre alcuni tra i nostri lettori si interrogheranno sulla fedeltà degli amanti e degli innamorati di tutti i tempi, sulla sua ineffabilità e inafferrabilità, forse è meglio soprassedere sul tema e chiederci cosa fosse mai la Fenice.
Insomma, la Fenice è realmente esistita?
Pochissimi autori si soffermano sull’esistenza di questo animale leggendario: tra questi Erodoto, storico greco del V sec.a.C., nonché primo reporter dell’antichità, il quale, nel II libro delle Storie, menzionando gli animali sacri agli abitanti dell’ Egitto, descrive , appunto la fenice.
Precisando di non aver mai visto questo particolare uccello, se non dipinto, afferma che, in base alle informazioni ricevute e “a detta degli abitanti di Eliopoli”, esso ogni cinquecento anni torni per seppellire suo padre nel santuario di Helios, avvolto nella mirra.
Il poeta di Alicarnasso pone in evidenza alcuni “tomastà” (θωμαστά), aspetti meravigliosi che caratterizzano questo animale.
“…Se è come la dipingono ecco il suo aspetto e le sue dimensioni: le penne delle ali sono in parte color oro, in parte rosse; per sagoma e per grandezza è assai simile all’ aquila”
Il riferimento all’aquila lascia supporre che la fenice sia stata immaginata basandosi sull’esistenza di un vero uccello che viveva nella regione governata, in un lontano passato, dagli Assiri: gli antichi la identificarono con il fagiano dorato, con l’ibis o col pavone, con l’airone rosato o con l’airone cinereo…
Tuttavia nel libro II delle Storie, Erodoto non spiega come avvengano la sua morte e rinascita, sebbene in altre antiche tradizioni e culture (da oriente ad occidente) vengano fornite notizie a tale proposito.
Secondo numerose versioni, infatti, questa figura leggendaria muore sopra un rogo infuocato, lasciandosi bruciare, per poi ritornare in vita, ricreandosi, quindi, dalle sue stesse ceneri.
Simbolo di morte e rinascita, collegato al proverbio latino post fata resurgam ( “risorgerò dopo la morte”) la fenice era un esemplare unico nel suo aspetto e maestoso nelle sue caratteristiche, venerato da diversi popoli, conteso tra mito e realtà.
E nonostante la cautela di Erodoto nel confermarne la veridicità, gli antichi credevano nella sua esistenza.
Lo stretto legame da sempre intercorso tra l’ uomo e l’ animale, soprattutto in un lontano passato, rende ragione di convinzioni oggi chiaramente fantastiche: nel mondo antico e nelle civiltà di cui esso fu espressione, si tendeva ad assimilare il mondo degli animali piuttosto a qualcosa di divino che di umano. Basti pensare agli egizi per i quali gli dei avevano corpo umano e testa di animale; l’animale simboleggiava le qualità del dio, come nel caso di Ra, una delle divinità principali, raffigurato con la testa di falco, il quale si riteneva governasse il cielo, la terra e l’ oltretomba.
Non stupisce, pertanto, che la fenice, con la sua importante simbologia di rinascita, fosse venerata come animale sacro e fosse successivamente utilizzata dai cristiani nelle catacombe, con l’ intento di trasmettere la fede nella rinascita dell’ anima dopo la morte.
“In quanto simbolo di resurrezione che sconfigge la morte, nonché per la capacità di rinascere ogni volta dalle proprie ceneri, la fenice è sempre più spesso oggi presente sotto forma di tatuaggio soprattutto nel momento in cui una grande prova di vita è stata superata”.
Che i tatuaggi vi piacciano o meno, essa è scelta da chi vuol raffigurare la sua tenacia nel rialzarsi dai momenti difficili della vita più forti e più splendenti di prima, proprio come il volatile infuocato.
Ognuno, del resto, tende a cercare di riconoscersi in un animale, non necessariamente mitologico. Che sia un pesce (come ad esempio la manta che significa protezione), un rettile (il serpente simbolo di immortalità) o un tenero cucciolo come il quokka (felicità) esso sarà il nostro animale guida…
E voi quale animale scegliereste?
Ottimo articolo e interessanti riferimenti storici.
Particolare anche il finale aperto che coinvolge il lettore.
Il commento che ho inviato prima è del tutto errato, era indirizzato ad altro… Il mio commento su questo? Del tutto positivo! Veramente fresco e leggero!