di Diletta Ronga

Se andrete a Firenze
vedrete certamente
quel povero ane
di cui parla la gente.

È un cane senza testa,
povera bestia.
Davvero non si sa
ad abbaiare come fa.

La testa, si dice,
gliel’hanno mangiata …
(La “c” per i fiorentini
è pietanza prelibata).

Ma lui non si lamenta,
è un caro cucciolone,
scodinzola e fa festa
a tutte le persone.

Come mangia? Signori,
non stiamo ad indagare:
ci sono tante maniere
di tirare a campare.

Vivere senza testa
non è il peggio dei guai:

tanta gente ce l’ha, ma non l’adopera mai!

(da “Il libro degli errori”, Torino, Einaudi, 1964)

 

Immaginate un grande prato verde , con alberi di ulivo e  piccole aiuole piene di fiori gialli e lilla…

In questo enorme giardino, corre come un matto, un cane dal pelo bianco lucente.

Questo cane però non è un animale come tutti gli altri, ma è un cane fiorentino che nel dialetto toscano ( per il fenomeno fonetico chiamato gorgia toscana) “diventa”  un “ane”, un animale senza testa !

Nonostante questa “perdita”, coccolato da tutti, corre e gioca con gli altri bambini, ha un bel carattere, è un animale buono e leale , molto protettivo verso le persone che ha vicino.

Rodari dice, infatti, di non preoccuparsi troppo,  perché un cane senza testa non è certo il peggiore dei guai visto che c’è tanta gente che “non l’adopera mai”!

Ebbene sì, molte  persone compiono azioni senza logica, non usano la testa e sbagliano: eppure continuano  a vivere tranquillamente la loro vita.

Quindi, perché un cane dovrebbe  avere per forza la testa, visto che alcuni, pur avendola, non la usano ?

Un tema serio su cui l’autore ci invita a riflettere con leggerezza…

Una riflessione su cosa significhi essere uomini…

L’uomo, a mio dire, è come un frutto che cade dall’albero: come il frutto quando cade conserva il suo sapore  ma, pian piano, con il passare dei giorni, se nessuno ha cura di raccoglierlo, marcisce, cosi  anche l ‘uomo non usando  la testa , può “perderla” e non ritrovarla più, poiché marcirà come il frutto.

Insomma, il problema non è tanto avere o meno la testa, quanto usarla!

Il testo, è vero, parla di un cane, eppure sembra parlare a ognuno di noi

Gianni Rodari ( 1920-1980), lo scrittore di Omegna, uno dei principali teorici dell’arte di inventare storie (Grammatica della fantasia, 1973), poeta, giornalista e pedagogista, specializzato in letteratura per l’infanzia, ha rivolto le sue opere soprattutto ai più piccoli (Favole al telefono, Torino, Einaudi, 1962) ma i contenuti dei suoi testi sono indirizzati  ad un pubblico molto vasto che  potremmo definire “senza età”, come  “senza tempo” appare la poesia/filastrocca in questione.

Nel centenario della sua nascita, lo ricordiamo come un grande e instancabile scrittore  che, grazie alla sua originalità creativa e immaginativa, all’uso rivoluzionario della parola, ha saputo raccontare, sempre con un filo d’ ironia, il suo modo di vedere le cose, invitando, con leggera arguzia, i lettori di ogni tempo a riflettere, e perché no, a sorridere…

“Uno scrittore per tutti, un classico, per dirla con Calvino”

 

1 thought on “Gianni Rodari e il povero “ane”

  1. È vero, chissà quanto volte non usiamo la testa! Rodari è sempre straordinario…e Diletta che ha fatto giuste riflessioni. Brava!

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