Curare un essere vivente, curare se stessi
di Gino Annolfi
Docente
Quando sento certe frasi del tipo, ‘…non amo gli animali. Non li voglio in casa..’ mi sento a disagio. Oppure osservazioni del tipo, ‘…ma come? Dormi con la tua gatta sul letto? Ma non è igienico!’, capisco quanti problemi irrisolti possono nascondersi in quell’anima.
Se rinasco mi sembrerebbe eccessivo immaginare di incarnarmi in un bel gattone dal pelo rosso.
Ma, di sicuro, mi augurerei di incontrarle molto prima, le mie gatte. Poter maturare avendone cura. Troppo lento, mi sono attardato senza capire e scegliere. E ora non mi resta che fare armistizio con i miei errori. Mettermi al sole quando impera nel cielo e cercare il caldo quando il freddo incombe.
Era il 6 gennaio del 1996, prime ore del pomeriggio, e, in una luminosissima Befana, le andavo incontro ignaro…
Avevo da poco finito di pranzare e mi preparavo ad andare a giocare a tennis, come facevo sempre di domenica e nei giorni di festa. Beati quegli anni che mi consentivano sprazzi di vitalità alquanto irragionevoli, mattino bici, pomeriggio tennis! Lentamente la serranda del garage si solleva e lo sguardo viene catturato di un batuffolo di peli, tra lamenti e miagolii che mi impauriscono. Chiedo subito soccorso e finisco per ritrovarmi in casa una micina di pochi mesi, impaurita più di me e con un orecchio malconcio e purulento.
Cure e premure si susseguono tra mie titubanze e resistenze. Evito di fissare i suoi occhi, lo faccio sempre quando ‘inciampo’ in un animale che so di non volere o non poter prendere in ‘carico’ emotivamente. Ma una notte osservo questo esserino indifeso fissarmi intensamente dal fondo del corridoio. Non dormiva e mi “covava”, chissà quali preghiere mi elargiva silenziosa. Mi alzo, lo raggiungo. Resto soggiogato dalla luce dei suoi occhi. Lo prendo in braccio e da allora mi concedo un lusso che non mi abbandonerà più: assopirmi al dolce ritmo delle fusa, tra carezze e coccole che sanno di morbido e di tiepido.
Non mi vergogno a dirlo: Sissi è stata maestra, mi ha insegnato ad avere affetto per i miei alunni, perché il rispetto da solo non basta! E anche quando ci scappava il rimprovero severo, sapevo che dovevo ritornare sui miei passi (vittima anche io dei modelli autoritari della giovinezza) per capire le ragioni, lesinare carezze e perfino chiedere scusa. Ogni mia alunna, ogni alunno era un concentrato di vita e di emozioni ed in ogni viso riconoscevo i bagliori dei suoi occhi ardenti.
Curare un vivente apre le porte socchiuse del nostro essere ed è una perenne palestra per conoscersi e partecipare al grande enigma dell’esistenza.
Arriva Luna…
Ai primi di giugno del 2002 arriva da San Paolo di Civitate, piccola cittadina della provincia di Foggia, a pochi chilometri da San Severo, la mia città, una micina magrissima di circa 40 giorni e dagli occhi verdi.
Da subito mi si incolla ai piedi. Non so dare motivazioni, ed io mi sono legato a lei con un trasporto che non contemplava nemmeno il rimprovero: Luna poteva fare tutto e di più, niente rimproveri per le sue marachelle da micia curiosona.
Troppo misteriosa è la vita e a rincorrere spiegazioni e ragioni si finisce per non capirla affatto.
Certo è che ci eravamo scelti… Per sedici anni è stata la mia ‘preoccupazione’ quotidiana. D’estate mi faceva compagnia quando dormivo in terrazzo sotto le stelle, ma anche la stufetta ai piedi nei giorni d’inverno. A raccogliere randagi siamo arrivati ad averne tre: con Luna c’erano anche Gaia e Pallina.
Caratteri diversissimi, i gatti sono una continua scoperta e solo chi non li ha mai avuti in casa li assimila in modo grossolano e poco veritiero.
Eli, occhi fatati…
Non avrò altri gatti! Dopo Luna basta! Le affermazioni perentorie che paiono granitiche si rivelano, sorprendendoci, savoiardi cedevoli, basta solo immergerle in un buon latte caldo. Rifugio per cani e gatti, il nostro pianterreno disabitato non la può ospitare. È troppo freddo, siamo ai primi di dicembre del 2018 e bisogna portarla in casa perché mangia poco e a fatica, sta male e respira ansimando. Poche speranze, diaframma rotto e intestino nei polmoni. Ma anche qui i suoi occhi mi sono di monito, compiono il miracolo: bisogna operarla! Non importa quanto occorre spendere e dove portarla. Il buon dottor Spirito (grande veterinario e uomo dolcissimo) organizza l’equipe e la degenza nel suo studio-rifugio post operatorio. Si ristabilisce pian pianino e palesa una vitalità che non conosce graffi o sguardi guardinghi. Chiunque entra in casa le è amico, dona e cerca carezze con la stessa naturalità di chi respira felice, dopo che un male ha reso faticoso quel gesto vitale. Non mi cerca troppo e non importa se sono il suo cuscino solo quando resto solo in casa.
Vederla al sole con quei due laghi fosforescenti al posto degli occhi è un’ attrazione “mistica”. Porta lontano, dentro se stessi…
Fotografie dell’Autore
PH: Gato, Fernando Botero, Barcellona, 1987.