Pensare l’avvenire
di Franco Deramo
giornalista
Più che guardare al futuro, dobbiamo pensare al futuro.
Prefigurarlo, significa capire quali sono i bisogni che le persone hanno e che potranno avere domani.
Pensando, abbiamo la possibilità di organizzarci perché il futuro sia il più possibile proprio come lo abbiamo immaginato, come può essere utile all’uomo.
Fantasia? No. Realismo.
Guardiamo al futuro, ma tenendo i piedi per terra.
Non voli pindarici, ma risposte a precise esigenze.
Il vero problema è che per quanto si possa prevedere, immaginare, dare addirittura una ben individuata cadenza temporale agli eventi o alle situazioni che crediamo possibili, troppe variabili possono cambiare il loro corso.
C’è una grande alea di imponderabilità in quello che può accadere.
E noi, invece, dobbiamo guardare la realtà.
Il futuro non è nella nostra disponibilità.
“Per il futuro possiamo lavorare, immaginare, desiderare”
Pensare e desiderarlo come vorremmo che fosse, che sia, che ci sia dato…
Non siamo alle previsioni del tempo. Per queste, studi sofisticati sono in grado di fare proiezioni ardite, verosimili. E azzeccarle.
“Il futuro, invece, è nella creatività dell’uomo, del suo ingegno, della sua fantasia, della sua capacità, nel suo sentire, nella sua sensibilità. Nella sua responsabilità”
Capire verso chi e verso cosa è orientato tutto quello che può accadere.
Non è facile, ma non è impossibile.
Guardiamo cosa riusciamo a prevedere possa accadere.
Qualche anno fa, nel 2012, due giornalisti, Gianluca Comin e Donato Speroni hanno scritto un libro: “2030 la tempesta perfetta”.
Direttore delle Relazioni Esterne di Enel e docente alla LUISS il primo. Ex vice direttore de “Il mondo” il secondo.
Uno sguardo lungo, proprio sul futuro, da addetti ai lavori.
Previsioni di venti anni.
Il 2030 visto come punto di arrivo in cui la tempesta farà sentire tutti i suoi effetti.
Fenomeno osservato, fra i tanti: quello migratorio.
400milioni di persone si sposteranno dai loro paesi poveri.
Solo chi li ha visti vivere in quelle foreste, in quei deserti o in quelle città bersaglio, senza pace, teatro di guerre assurde e impossibili, può immaginare perché preferiscono mettere a repentaglio, con sacrifici estremi e disumani, fino a perderla, la propria vita e quella dei loro figli.
Tentare, osare, desiderare intensamente una nuova vita, in un mondo nuovo, fino a rischiare di perderla. Pur di uscire da condizioni sub umane, a volte di miseria assoluta.
I flussi migratori hanno sempre caratterizzato la vita degli uomini.
Il nostro paese, geograficamente, è il primo approdo possibile per il continente africano.
Poco più di cento anni fa, furono gli italiani a partire verso le Americhe, verso nuovi continenti, per vivere.
“Partirono in cerca di futuro”
Oggi, nel mondo globale, l’immigrazione è un tema scottante che richiama posizioni diverse, egoismi, miopie, polemiche e accuse.
Non si può capire fin dove sarà possibile isolarsi. C’è consapevolezza che è impossibile farlo.
Meglio chiedersi: quali saranno le barriere ai drammi ambientali e alla crescita ambientale che l’uomo determina?
Davvero che nel 2050 tutto sarà chiarito e risolto?
Troppe le variabili, i cambiamenti che la tecnologia, le nuove scoperte, sono in grado di introdurre per crederci.
“Possiamo solo pensare positivo”
Affidarci a scienziati scrupolosi e capire quante possibilità di sopravvivenza abbiamo ancora.
La storia ci ha fatto registrare allori e sconfitte che mai nessuno avrebbe immaginato. Regni potentissimi, civiltà raffinate, non sono sopravvissute alle nostre follie egemoni, al primato del potere sull’uomo, sulle nazioni.
Saremo 8,3miliardi di persone nel 2030 e 9,3miliardi nel 2050.
L’esplosione demografica interesserà solo l’Africa? È solo una previsione!
In Cina tutto è disciplinato: max un figlio. L’India, per popolazione, supererà la Cina.
Più nascite equivale a più lavoratori. Cresceranno i posti di lavoro necessari?
Le previsioni sono da 1,5 a 2 miliardi di nuovi posti di lavoro.
Domanda: ma, continueremo a lavorare come lavoriamo oggi? La recente “obbligata” sperimentazione dello smart working non ha lasciato profondi strascichi dietro di sé?
Certamente, nel 2010 nessuno pensava a una pandemia.
Solo lo scorso anno, con fare silente, rapido, in maniera esponenziale, l’umanità è stata travolta dal Covid-19. Una pandemia che mentre scriviamo, in mancanza di un vaccino certificato, ci vede impotenti, scatena dubbi e incertezze… Le cifre ci impressionano: viviamo le nostre vite tra il tentativo di conservarne la normalità e le notizie di contagi, ricoveri ospedalieri, terapie intensive, isolamento a casa, positivi e tamponi… notizie da cui ogni giorno veniamo investiti.
La pandemia ha drammaticamente anticipato un futuro nefasto per gli anziani: gli ultra 70enni vanno in coda ai “giovani” per cure e terapie varie.
Certificato di morte presunta e di incapacità supposta.
Come si pensa di salvare vite umane?
A che posto, è stato messo il valore della vita delle persone? Di tutte le persone?
Il futuro: ci aspetta già al varco della perdita dei valori?
Anziani, non più patrimonio, ricchezza di valori, ma persone da tenere chiuse in casa, affidate solo a cure domestiche.
Va fronteggiato l’imprevedibile, oggi, per non trovarci travolti da inarrestabile paura e da incertezze sul futuro.
C’è da chiedersi: ma gli assetti politici planetari sempre in grande turbolenza che tipo di evoluzione ci faranno registrare nel futuro?
“Ma i conti fino al 2030 dobbiamo farli fondamentalmente con tre elementi:
cibo, energia, acqua dolce”
Ne parleremo in un’altra occasione…