Enea, eroe della resilienza ante litteram
di Cosetta Potenza
docente di latino
“Il mondo spezza tutti quanti e poi molti
sono più forti nei punti spezzati.
Se ci pensiamo,
è una regola del nostro organismo:
l’osso è più forte proprio dove si è rotto”
(Ernest Hemingway)
Il 2020 è stato definito l’anno delle incertezze, della precarietà e del disorientamento provocati da un nemico invisibile , impercettibile , ma che ha stravolto la vita di ognuno di noi.
Non è difficile immaginare come abbiano reagito i giovani a questo cambiamento e come il mondo degli adulti abbia, avvertendone il disorientamento, interagito con loro: genitori, familiari e docenti…
In aiuto di questi ultimi, nel tentativo di spiegare la situazione e le difficoltà della vita in genere, è naturale che giunga la lettura, strumento ideale di esemplificazione dell’esistenza umana.
Ogni libro contribuisce , in qualche modo, a rendere il lettore una persona migliore, a cambiare una parte di noi, a modificare il modo di intendere e di vivere la vita.
Andrea Marcolongo, studiosa del mondo classico, nel libro “La lezione di Enea”(Editori Laterza, 2020 ) ci fa scoprire, attraverso una rilettura dell’eroe virgiliano, qual è la vera essenza di Enea, affrontando il tema della fragilità umana e, nello stesso tempo, della capacità di ognuno di “ricostruire nella tempesta”.
Enea è l’eroe che cerca un nuovo inizio con in mano il bene più prezioso: la capacità di resistere e di sperare.
“Una lezione attualissima”
Enea è l’eroe che vaga nel mondo portandosi sulle spalle anziani e bambini. È colui che viaggia su una nave senza nocchiero alla ricerca di un nuovo inizio, di una terra promessa in cui ricominciare. È l’uomo sconfitto, colui che non ha più niente tranne la capacità di resistere e di sperare.
Un personaggio quanto mai attuale…
La novità della figura di Enea, già nel poema virgiliano, va individuata nel suo essere il primo eroe epico portatore di storia, impegnato a tenere in equilibrio due irriducibili istanze: la propria vicenda individuale (con le sue specificità e le sue “ragioni”) e la necessità di rapportarsi ad un orizzonte più ampio, la contingenza e la precarietà storica con cui ogni uomo deve misurarsi.
Innovando profondamente i codici epici tradizionali, Virgilio dà voce ad una figura radicalmente nuova che vive l’accettazione dolorosa della temporalità, nella duplice direzione del passato e del futuro.
Enea, definito, non a caso, il pater Aeneas, rappresenta un modello etico, religioso e politico ben preciso. E’ il condottiero “pius” nel patire e “fortis” nell’agire, l’eroe della «fortezza irremovibile d’animo», colui che sacrifica i propri affetti ad un bene superiore che è, poi, la fondazione di Roma e l’instaurazione del principato augusteo.
Enea è figlio e nel contempo padre, soffre tutte le croci e le delizie che una tale condizione comporta, un uomo solo che non può più appoggiarsi a nessuno…
Deve operare, del tutto solo, non soltanto per sostenere se stesso ma anche per sostenere chi l’ha sostenuto fino a ieri (il padre, la tradizione) e chi al suo fianco lo segue: ovvero il padre Anchise e il figlioletto Ascanio.
E’ per questo che Enea appartiene a quei personaggi che, nonostante il crollo di ogni certezza, anche “nel caos”, riescono a conservare una loro unità e dignità di uomini, sia pure unicamente basata sul puro e semplice “dovere di vivere”.
Enea è un uomo fra passato, presente e futuro…
Non l’eroe fondatore dell’Impero o il valoroso condottiero, ma semplicemente un uomo che con fatica tenta di salvare il patrimonio che ha avuto in eredità e nel contempo cerca di ricostruire (rifondare, verrebbe da dire, una nuova Troia), tra mille incertezze, il suo futuro.
Enea è guidato dalla speranza.
Parte da una città, Troia, ridotta in cenere dalla sconfitta, ma ha il desiderio di ricominciare.
Il personaggio virgiliano prende le mosse dall’enorme fascino e interesse esercitato dalla capacità degli esseri umani e, in particolar modo, di alcuni di essi, di saper trasformare un evento critico potenzialmente destabilizzante in un motore di ricerca personale che consente di riorganizzare positivamente l’esistenza, con uno sguardo al futuro.
Grazie all’avvio di un progetto di vita capace di integrare le luci con le ombre, la sofferenza con la forza, la vulnerabilità con la capacità di riorganizzarsi e riorganizzare la rete familiare e sociale esistente, Enea è un essere in divenire, un soggetto attivo, tendente a un fine, che si evolve tramite l’esperienza. È un essere che sceglie, crea, tende all’autorealizzazione, cerca di dare senso e significato alla propria vita e ha bisogno di relazioni umane per crescere.
Egli rappresenta perfettamente il concetto di resilienza, ovvero l’attitudine di un corpo a resistere senza rotture in seguito a sollecitazioni esterne brusche o durature di tipo meccanico, la capacità di autoripararsi dopo un danno…
La sua resilienza può, quindi, essere considerata come la capacità di affrontare eventi stressanti, superarli e continuare a svilupparsi aumentando le proprie risorse con una conseguente riorganizzazione positiva della vita .
Il modo di reagire alle avversità dell’eroe sembra essere: I have, I am, I can “Io ho, io sono, io posso”, la triade proposta dalla psicologa Edith E. Grotberg (1995) secondo la quale, per superare le situazioni traumatiche, gli esseri umani possono far riferimento, per la costruzione della resilienza, alle risorse interne caratterizzate dalla fiducia (I have), a quelle caratterizzate da autonomia e identità (I am) e alle risorse personali e interpersonali (I can).
“La lezione di Enea” di Andrea Marcolongo dimostra la capacità di Enea, metafora e simbolo di ogni uomo, di sviluppare le proprie potenzialità durante le turbolenze della vita, quella capacità di adattamento positivo che permette non solo di fronteggiare efficacemente la realtà stressante, ma di vedere le difficoltà come opportunità di crescita. Indica la forza umana, anzi la fortezza che si manifesta in caso di crisi. Fortezza, intesa come volontà determinata di rimuovere gli ostacoli e di superare le difficoltà contingenti per andare avanti e guardare al futuro con ottimismo consapevole.
Enea è colui che “sa sopportare i dolori senza lamentarsi, che sa reggere le difficoltà senza disperarsi, che ha il coraggio di intraprendere una via che sa essere tortuosa. E per questo riesce a portare a termine quanto intrapreso. Egli è colui che ama la vita e sa accettare i propri limiti e il dolore”.
E’ dotato di “pietas”, di quel valore, tipicamente romano, che, secondo l’autrice, consiste nel fare le cose come si deve, cercare di farle bene e rispettare quello che ci è stato consegnato da chi ci ha preceduto.
La lettura di questo libro può, allora, infonderci il coraggio di ricominciare, di riconoscere che nella vita ci sono le marce in avanti, c’è il folle e poi ci sono anche le marce indietro: questa è l’esistenza.
Dopo una caduta c’è sempre una risalita, quindi bisogna avere la forza di pensare che non si inizia e non si finisce, ma che si inizia, si sbaglia e si ricomincia.
Tra le pagine della Marcolongo troviamo il coraggio di superare la paura, di conoscere se stessi e di inseguire un desiderio che sia il proprio e non quello dettato dalle convenzioni familiari o sociali; ma soprattutto il coraggio legato alla responsabilità, un coraggio che va appreso e poi insegnato alle generazioni future, perché possano superare le difficoltà di ogni giorno e imparino ad affermare le proprie idee e vocazioni…
Il coraggio di credere in sé stessi per superare le difficoltà di ogni giorno fuori e dentro la scuola, per affermare la propria libertà e autonomia, per non rinunciare ai propri sogni e costruire il proprio futuro.
“Nella vita, il punto non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a danzare nella pioggia”