“Carafa” di Alfredo De Giovanni, anatomia di un thriller
di Caterina Conserva
addetta ufficio stampa Gelsorosso
Casa editrice (Bari)
Tornano Paolo Manfrè e Sandra Bianco, il geologo e l’archeologa che hanno appassionato i lettori del primo romanzo di Alfredo De Giovanni, Otto. L’abisso di Castel del Monte.
Dal 5 novembre li ritroviamo in libreria nel nuovo capitolo della serie, Carafa. Il sigillo del Cristo Velato, in uscita per la casa editrice Gelsorosso di Bari.
Sin dalle prime pagine il lettore si ritrova davanti tre linee temporali differenti, che conducono tutte allo stesso centro: la Cappella Sansevero di Napoli, gioiello barocco del patrimonio artistico nazionale e internazionale, a tutti i livelli vero fulcro del romanzo.
“Proviamo a materializzare queste storie, composte di una varietà di anime e punti di vista, organizzate ad arte per comporre un unicum indivisibile e pensiamo a Carafa come a un corpo”
La “testa” potrebbe essere il racconto che De Giovanni ci restituisce del settimo Principe di Sansevero e ideatore della omonima Cappella, Raimondo di Sangro, scienziato, alchimista e massone. Nel 1758 è alle prese con l’esperimento più affascinante e incredibile della sua vita: la palingenesi ovvero la rigenerazione degli organismi viventi. Che ci riesca o meno poco importa, la sua impresa al limite tra la scienza e la magia è la sintesi della sfida dell’uomo alla Natura, alle sue leggi e ai suoi limiti.
È il testamento che lascia alla sua discendenza, e insieme il suo sogno, generatore di orrore e speranza.
Non vi sono dubbi poi su quale possa essere il “cuore” di questo romanzo.
Siamo nel 1588, la principessa Maria d’Avalos, tra le donne più belle e affascinati di tutta Napoli, e il Duca d’Andria Fabrizio Carafa, audace e nobile cavaliere, si amano follemente per la prima volta, lontani da Napoli. La tresca amorosa va avanti da mesi alle spalle dei rispettivi coniugi: Carlo Gesualdo, principe di Venosa, eccellente madrigalista e Maria Carafa, donna mite e profondamente religiosa. L’epilogo di questa storia ebbe luogo proprio lì, in un’ala del Palazzo Sansevero, generando la storia giuntaci intatta sino a oggi.
E Paolo e Sandra? Beh, loro sono la “pancia” del romanzo, sono l’inseguimento e l’azione, sono la spinta del presente, la carne viva del racconto.
Li avevamo lasciati alle prese con il tanto misterioso quanto temibile Tempio della Roccia, organizzazione criminale ed esoterica che li aveva coinvolti in una rocambolesca vicenda nei sotterranei di Castel del Monte e li ritroviamo dinanzi a un mistero capace di sconvolgere tutta la nazione: la scomparsa del Cristo Velato dalla Cappella Sansevero e il ritrovamento, al suo posto, di un cadavere con una ferita al cuore e al collo appeso un cartello con la scritta: Per aspera ad veritatem ( “ Dalle difficoltà alla verità”).
Paolo e Sandra sono adesso consulenti scientifici del SISDE, il Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica, e insieme al capitano Monti sono chiamati a fare chiarezza sull’accaduto.
Anche in questo libro componente non trascurabile – e che definiremo come le “gambe” del romanzo – è il sottosuolo, luogo spesso dimenticato ma che De Giovanni, anch’egli geologo, identifica come spazio dove cercare risposte, forse per ricordarci che la verità spesso non salta agli occhi ma è lì da qualche parte, sotto i nostri piedi ad aspettare di essere svelata.
(Alfredo De Giovanni)