“Gridalo” di Roberto Saviano
Tutto inizia con un fermo immagine. Che è anche un viaggio nel tempo. Nel passato.
Il protagonista ritorna al se stesso sedicenne. Così si ferma di fronte alla scuola che ha frequentato a sedici anni e vede uscire sè stesso. Le sue ambizioni e le sue paure.
Ha il desiderio di indirizzarlo, forse, tra le righe non scritte, abbracciarlo.
Riesce, però, a fare un cerchio scomposto di compagni di cammino. Uno tra i tanti Giordano Bruno, poi Anna Achmatova, Robert Capa, Jean Seberg, Martin Luther King, George Floyd. Eroi ed antieroi necessari a formare una ribellione sana che parte dall’interno. Esseri umani che hanno anche fallito, sono caduti, ma gli sbalzi lungo il suolo non hanno fermato le donne e gli uomini che rendono fondamentali queste pagine.
Questo libro è un prontuario per l’esistenza, una raccolta di vicende vissute, di cadute e di rialzate. Di prese di posizione. Di sensi unici o doppi. Anzi, soprattutto contrari.
Servono gli estremi, non i santi per cambiare il corso degli eventi ed alzare la testa.
Serve l’esempio di chi ha combattuto credendo in una causa. Attraverso l’arte, la filosofia, la poesia, o qualsiasi altra affilata arma del pensiero in grado di smascherare algoritmi ed artifici del contemporaneo.
Una delle biografie più pulsanti commoventi ed autentiche, perché sinceramente graffiante nei significati e nelle esortazioni.
Un necessario momento per caricare il ritmo dell’esistenza e dire no. O sì. Ma urlandolo. Perché una presa di posizione non sia mai tiepida o qualunquista. Mai a mezz’aria tra il bene ed il male. In un punto preciso. Anche sbagliato.
Al ragazzo che è stato questo intrecciarsi di vite e ricordi intende scuotere le viscere, restituire la voglia di non rassegnarsi, di ritrovare la grinta di creare un mondo diverso.
È l’Urlo di Ginsberg. Ma dei nostri giorni.