Docenti e collaboratori, vi va di giocare?

 

di Samanta Leila Macchiarola e Giulia Romagnolo

 

 

L’invito è provare a mettersi nei panni di un componente del mondo scolastico, magari quello che crede possa essere il più colpito o in difficoltà…

Che periodo starà passando in questi giorni? E lei dal posto che ricopre, quali soluzioni avrebbe per rendere la sua esperienza migliore?

Concetta Ferrandino – assistente tecnico, laboratorio di informatica

“Se dovessi farlo mi metterei nei panni di un docente anziano, perché penso che siano loro i più colpiti, trovandosi alle prese con tecnologie, informatiche soprattutto, con le quali non sono né cresciuti, né alle quali sono stati formati, anche se posseggono un bagaglio enorme di sapere. Penso che, questo che abbiamo vissuto e che ancora stiamo vivendo, non sia stato per loro di certo un buon periodo. Per queste ragioni, dal posto che ricopro, penso che la formazione sia la cosa più giusta da fare.”

Antonio Manlio Esposito – docente di diritto

“Sicuramente la situazione attuale nella quale ci troviamo ad operare non è delle più semplici.

Il mondo della scuola, come quello della sanità, a mio parere, è stato il più colpito. L’imprevedibilità dell’emergenza non ha consentito l’elaborazione di un piano soddisfacente che potesse offrire tutte le soluzioni per continuare a lavorare con serenità, offrendo un prodotto qualificato e rispondente alle molteplici necessità, soprattutto degli studenti. Si è cercato di fare appello a tutte le risorse per non penalizzare la scuola, già da tempo costretta a sopportare scossoni che in qualche caso l’hanno messa in ginocchio, ma a poco sono serviti gli sforzi. Nel marasma generale, indubbiamente, il compito più arduo è quello dei dirigenti.

Il carico di responsabilità è diventato insostenibile, soprattutto laddove le direttive non sono molto chiare e precise.

“Dirigere” una scuola non è come dirigere una fabbrica! Il materiale da forgiare è molto delicato e a tal proposito è bene ricordare che ogni alunno è un “microcosmo” dalle mille sfaccettature. L’atto educativo è rivolto a persone che sviluppano l’identità proprio nella scuola: non bisogna perdere di vista il fatto che  tutte le conoscenze e  abilità acquisite dovranno spenderle nella società che andranno a costruire da adulti.

Un dirigente, quindi, dovrebbe, innanzitutto, curare l’aspetto umano e lavorare in sinergia con i suoi dipendenti. Molto spesso accade, invece, che gli si richieda di far quadrare i bilanci, di interagire con i vari enti, di economizzare le risorse, di prendere decisioni che interessano anche l’aspetto legale, di presentare un’offerta formativa che assicuri le iscrizioni e garantisca la presenza di una utenza stabile….Mi sembra davvero troppo!

Il dirigente ha perso la sua connotazione di “educatore” e questo, a mio parere, ne svilisce la sua figura. In questo particolare momento, poi, le pretese sono aumentate, in quanto si demandano ai dirigenti decisioni che spetterebbero solo a chi governa. Grande ammirazione, quindi, per i dirigenti che con grande senso del dovere ed attaccamento al lavoro, stanno cercando di trovare dei punti di equilibrio e stanno guidando bene gli operatori scolastici tutti, stemperando quel clima di tensione che, ovunque, si è venuto a creare a causa della pandemia. Un ringraziamento personale al mio dirigente che ha dato un’impronta seria e costruttiva alla sua scuola, nonostante le tante difficoltà.”

Nazzarina D’Errico – docente di scienze motorie

“La scuola, anche in questo periodo di restrizioni governative, vede il personale ATA impegnato in “prima linea” … immagino l’ addetto alla palestra, abituato a vedere centinaia di studenti svolgere attività sportive…condividere le loro risate, la loro allegria sorrisi, vederli in frenetica attività felici . In questo periodo solo il silenzio e una palestra senza respiro né anima. Provo sconcerto e tristezza. Chiedendomi quando rivedrò  la vita in questo luogo. Spero  il più  presto possibile…”

Angela Tartaglia – collaboratrice scolastica

“Potrei immedesimarmi nel ruolo di un docente, che oggi si trova ad affrontare un periodo di crisi soprattutto nei rapporti con gli studenti, rapporti un tempo consolidati, ma che oggi risentono di un cambiamento sociale e gerarchico.

Oltre ad affrontare le varie problematiche legate alla complessità organizzativa e didattica della scuola e, non per ultimo, le gravi difficoltà dovute alla pandemia da COVID-19 che  ha stravolto tutta la vita e i rapporti all’interno della società scolastica, il docente risente, in modo particolare, di un distanziamento che va oltre quello fisico.

E’ venuto a mancare, a mio avviso, proprio quel tipo di rapporto genitore-figlio tipico del docente-studente che caratterizzava negli anni passati, non solo la didattica, ma anche le relazioni scolastiche e interpersonali. Oggi il docente potrebbe assumere, addirittura, una figura di sola contrapposizione e non più di collaborazione.

Per quello che posso suggerire dal ruolo che ricopro come collaboratore scolastico, si dovrebbero smussare gli angoli che, a volte, possono risultare spigolosi nelle relazioni tra le varie figure componenti l’intera comunità scolastica. Rimanendo ben definiti i ruoli e le competenze, occorrerebbe una maggiore capacità collaborativa che porti a valorizzare e a credere maggiormente nelle relazioni interpersonali tra docente-studente. Gli studenti dovrebbero avere un rapporto sereno con gli insegnanti che credono in loro, li appassionino al conoscere e li aiutino a porsi delle domande.

Bisogna, insomma, stabilire un rapporto di fiducia e apertura che crei un clima di inclusione favorendo una maggiore libertà di espressione da parte degli studenti

La profonda conoscenza degli studenti da parte degli insegnati deve permette loro di individuare punti di forza e debolezza e le giuste motivazioni per far raggiungere i traguardi prefissati.”

Enza D’Augelli – docente nella Scuola primaria

“Nel gioco di ruolo cerco di mettermi nei panni di un Dirigente Scolastico che, durante questi tempi di pandemia, riveste il ruolo di “facilitatore” del lavoro degli insegnanti e di tutto il personale della scuola. Egli deve essere colui che incoraggia, sostiene e valorizza i talenti di tutti e di ciascuno.   Ogni giorno è chiamato ad essere il motore della comunità scolastica, affinché questa “cresca”, anticipando cambiamenti e buone pratiche…

Quanto al periodo che personalmente sto attraversando e vivendo, posso solo dire che trascorro giornate stressanti, talvolta sfinenti, perché continuamente impegnata a sperimentare nuovi modi di fare scuola e di essere vicina ai miei alunni, nel costante impegno di evitare che questo tempo non determini dei problemi emotivi oltre a creare vuoti nella loro preparazione culturale.”

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