Chimera (a.k.a.) Alternanza scuola-lavoro
di Samanta Leila Macchiarola e Giulia Romagnolo
Da Elon Musk al prof. Piero Formica, è ormai assodato che per gli studenti, una preparazione al mondo professionale, oggi, sia quantomeno necessaria.
Ecco le volontà iniziali di questa fantomatica alternanza scuola-lavoro, che tuttavia si è dimostrata un mare magnum, in cui attività e relativi obiettivi si sono un po’ confusi tra loro.
Piani triennali, piuttosto che brevi stage… Ogni scuola, ogni classe a modo suo: quasi sempre i ragazzi assistono a un’imposizione dall’alto di una rosa ristretta di mansioni da seguire.
Perchè?
Secondo voi, docenti e collaboratori, voi che più di tutti vivete con i ragazzi, loro sarebbero pronti a scegliere con più autonomia? Non sarebbe più utile un piano didattico omogeneo orientato a altri obiettivi, come l’immaginazione, il sogno, la scelta, l’adattamento e l’ideazione di una nuova “professione” piuttosto che il mero lavoro un po’ dove capita che si verifica nei fatti?
Antonio Manlio Esposito – docente di diritto
“L’Alternanza Scuola-Lavoro è senza dubbio una opportunità aggiunta che la scuola moderna offre ai suoi discendi.
Il principio fondamentale a cui si ispira, che è quello di creare un approccio al mondo del lavoro, dovrebbe essere, a mio parere, contemplato con una maggiore attenzione ai bisogni, ma soprattutto ai desideri espressi dagli alunni.
In questo senso bisognerebbe lasciare più spazio alle proposte avanzate, in vista di obiettivi che si vorranno raggiungere e soprattutto bisognerebbe dare più spazio alla creatività e all’inventiva.
I giovani hanno molta fantasia e quindi si potrebbe affidare loro il compito di suggerire nuovi lavori che possano coniugare la produttività con l’ingegno. Ritengo un po’ riduttivo presentare sempre la solita “rosa” di lavori, a circuito chiuso, che, a volte, comprime lo spirito.
Nel clima imperante di digitalizzazione, sarebbe interessante partire delle idee e dalle ambizioni lavorative dei giovani che sfruttano questi mezzi con grande dimestichezza, riuscendo a creare relazioni con il mondo intero! Lasciare, a mio parere, spazio alla dimensione artistica, sarebbe anche molto utile, in quanto l’arte ingentilisce la vita. Si dovrebbero potenziare, quindi, le conoscenze musicali, pittoriche e coreutiche per far sì che emergano dei talenti inespressi, perché magari privi di incentivazione. Senza dubbio non è facile riorganizzare il sistema, ma con una prospettiva diversa ed un concetto di lavoro meno statico, si potrebbero realizzare grandi cose!”
Concetta Ferrandino – assistente tecnico, laboratorio di informatica
“Con la legge sulla “buona scuola” si è pensato di doversi aprire al territorio, al fine di rendere tutti gli studenti protagonisti e consapevoli delle scelte per il proprio futuro e, da qui, è nata l’Alternanza scuola – lavoro. Sembra però che non sia andata nella realtà proprio tanto bene, almeno stando ai racconti di alcuni ragazzi coinvolti, e dal fatto che a livello nazionale essi abbiano scioperato proprio contro il sistema dell’Alternanza.
A mio giudizio, questa esperienza andrebbe riformulata per diventare, davvero, un “ponte” fra ciò che si insegna nella scuola e ciò che si dovrà mettere in pratica in una dimensione lavorativa.
Sarebbe auspicabile un monitoraggio più attento e scrupoloso degli stage attraverso nuove strategie per l’avviamento al lavoro e all’orientamento. Perché no, anche attraverso un piano didattico omogeneo, ascoltando i ragazzi che hanno già fatto esperienza e dando loro spazio, tanto quanto basta, cioè, considerando i loro sogni e seguendo la loro immaginazione, ma, soprattutto, accompagnandoli in un progetto di ideazione di una nuova professione, ecc..”
Angela Tartaglia – collaboratrice scolastica
“Credo che, in questo ambito, bisognerebbe lasciarsi ispirare da visionari innovatori e creativi come Elon Musk, o dalle teorie del prof. Piero Formica che sostengono lo sviluppo mediante la conoscenza, l’imprenditorialità e l’innovazione.
Penso che si dovrebbe partire da loro per impostare una scuola più innovativa e, soprattutto, con tanta immaginazione, che lasci, cioè, spazio anche ai sogni dei giovani, allo sviluppo delle loro capacità personali e ad una libertà di scelta dei percorsi didattici e professionali.
L’Alternanza Scuola-Lavoro deve essere intesa come un momento, sì di fiducia negli studenti, che devono scegliere autonomamente, ma nell’ambito di una programmazione ben definita e delineata dei percorsi e dei contenuti che rispecchino un sistema omogeneo. Tali scelte devono essere improntate sull’immaginazione di un futuro avveniristico volto all’innovazione, per intraprendere un percorso di studi e di esperienze lavorative che andranno a determinare il loro futuro professionale ed umano.”
Nazzarina D’Errico – docente di scienze motorie
“Essendo nel mondo della scuola da 38 anni ho potuto constatare che, durante l ‘ ora di scienze motorie, ho raccolto, molto spesso, lamentele da parte degli allievi, percependone la stanchezza , l’ansia e la preoccupazione per tutto quello che riguarda la didattica.
Non vedo, personalmente, l’utilità di far fare tante ore in settori non consoni agli obiettivi lavorativi futuri degli stessi studenti che subiscono senza poter dire la loro. Per cui ritengo l’Alternanza una perdita di tempo, in molti casi, stressante per i tutor, i docenti e gli allievi.
Sarebbe preferibile offrire, magari, un ampio ventaglio di conoscenze relative ai diversi settori lavorativi, invitando dirigenti di varie categorie. L ‘allievo potrebbe così scoprire le realtà occupazionali del territorio e non solo.
Se, poi, penso ai licei, al classico e allo scientifico ritengo sia una perdita di tempo visto che il 90% degli alunni è orientato agli studi universitari…forse sarebbe più utile concentrarsi sulle attività di orientamento.”
Filomena Prattichizzo – docente di sostegno
“Lavorare significa non solo occupare un posto di lavoro o percepire uno stipendio, ma anche e soprattutto conquistare un ruolo sociale attivo riconoscibile dalla comunità.
Per questa ragione è necessario anticipare in maniera generale il significato dell’inserimento lavorativo della persona con disabilità all’interno di un progetto di vita, inteso come un percorso dall’infanzia all’età adulta.
Per procedere nella direzione di un inserimento lavorativo produttivo, è necessario pertanto partire da una riflessione ormai consolidata. Lavorare nell’ottica del collocamento mirato significa operare un incontro fra quelli che sono gli elementi caratterizzanti l’intero processo: il potenziale lavoratore, la mansione e l’azienda.
Sulla base della mia esperienza reputo che la persona con disabilità intellettiva, con le sue abilità e difficoltà, vada attentamente conosciuta e valutata in relazione al compito (o ai possibili compiti) che potrebbe andare a effettuare e al contesto all’interno del quale ciò potrebbe verificarsi.
Importante è, in questo senso, la valutazione del percorso PCTO svolto dai ragazzi Bes.
Valutare non significa porre delle etichette, ma conoscere le capacità del potenziale lavoratore, in modo da studiare il percorso e le possibilità per lui più accessibili e reali.”