Una risorsa inestimabile
di Martina Di Maria,
Alice Costantino
Francesca De Meo,
Leonardo Pettigrosso
Studenti I.S.I.S.S. “Fiani-leccisotti”- Torremaggiore (Fg)
Paura degli spiriti. Paura delle tenebre. Paura delle tempeste. Paura delle bestie feroci. Paura di sciagure, carestie, cataclismi. Paura dell’apocalisse. Paura dei ragni. Paura di volare. Paura di un esame. Paura delle pandemie.
Paura di un virus…
Da sempre, l’uomo ha avuto bisogno di individuare qualcosa da temere per dominare l’angoscia primordiale. Strumento di cui l’uomo dispone per comprendere il mondo dentro di sé e il mondo intorno a sé, la paura ha governato la storia umana nel corso dei secoli.
Cos’è la paura se non un’emozione che deriva dall’istinto e che irrompe in un soggetto ogni qualvolta si sente in pericolo? Non è un caso che l’uomo abbia cercato di rappresentarla attraverso l’arte, la letteratura, la musica…
Ma da dove nasce il termine “paura”? L’etimologia della parola paura deriva dalla radice indoeuropea pat- che significa letteralmente “percuotere” ed in senso figurato “spaventare”. Da questa radice derivano poi il greco παίω (paio) = io percuoto e poi il latino pavor = paura, timore dal verbo paveo = sono percosso, sono abbattuto ed in senso lato, io temo, io ho paura.
Furono i Greci i primi a presentare attraverso l’esperienza teatrale della tragedia le forme, anche le più estreme, di paura, attraverso cui gli attori esprimevano i disagi, i turbamenti e le tensioni interiori. Si assiste, nelle tragedie greche, a scene di violenza, di amore portato all’eccesso, a tradimenti e vendette, e a emozioni positive e negative rappresentate da personaggi simbolici, che mostrano le pieghe più nascoste e i lati estremi dell’animo umano. Nella Grecia antica, la purificazione, più precisamente la catarsi, aveva la funzione di liberare l’anima e il corpo da ogni contaminazione.
Il fine della tragedia è, quindi, quello di dare piacere attraverso una rappresentazione piena di emozioni e realizzare una catarsi come purificazione dello spettatore e di coloro che rappresentano il dramma sulla scena.
Tanto è vero che, quando Lucrezio, famoso poeta latino, nel I secolo a.C. compone il De rerum natura, vuole offrire agli uomini il, così detto, tetrafarmaco, per liberarli, appunto, dalle paure che ne limitano e condizionano la vita: e non c’è da stupirsi se uno dei phármaka consiste proprio nel liberarsi dalla paura della morte. Recitano, così, alcuni versi tratti dal III libro:
…morbis cum corporis aegret,
advenit id quod eam de rebus saepe futuris
macerat inque metu male habet curisque fatigat…
(De rerum natura, III 824-826)
…(l’anima) soffre
dei mali del corpo, è spesso angustiata
da cose future, il terrore la strazia,
gli affanni l’abbattono…
L’età medievale, invece, è caratterizzata dalla paura di Dio e dell’Apocalisse, ed è ricca di ogni genere di ammonimento affinché gli uomini si pentano dei loro peccati per affrontare la morte incombente.
Sicuramente tutti ricordano i versi iniziali della Commedia che rimandano, senza dubbio, ad una forte emozione: la paura, appunto. La selva oscura, lo smarrimento durante il cammino, la presenza delle tre fiere sono elementi minacciosi che simboleggiano ciò che Dante pellegrino non conosce e che teme. L’ignoto, privo dei punti di riferimento abituali, identificato nella «selva oscura» non può che suscitare paura, e non è possibile prevedere cosa vi si può trovare…
“Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!”
(Divina Commedia, canto I, vv. 1-6)
E se dal passato volgessimo lo sguardo alla realtà attuale?
Semmai quella dei mesi appena trascorsi…
Ogni giorno, di ora in ora. Contagiati, guariti, morti.
Una valanga di informazioni, non sempre concordanti e spesso oscurate dalle fake news.
Un costante interrogarsi, una ricerca dentro noi stessi di domande alle quali nessuno può dare risposte. Quando finirà? Come saremo dopo? Quanti e quali saranno i nostri danni psicologici ed economici?
“Tra tutte queste emozioni dominano, purtroppo, le peggiori: paura, ansia, preoccupazione, panico”
E l’idea che, nelle difficoltà, ci sono anche tante opportunità da cogliere, da non sprecare, resta una bell’obiettivo, difficile da raggiungere. Ci troviamo in una condizione psicologica molto particolare, perché solitamente ci viene chiesto di fare qualcosa, mentre in questo caso, ci è stato chiesto di non fare (non uscire, non spostarci, non incontrare persone, ecc.) interrompendo rassicuranti abitudini, costringendoci a circoscrivere la nostra vita in uno spazio limitato e a contatto continuo con persone che, magari, eravamo abituati a frequentare solo per poco tempo!
L’arrivo del Covid-19 è stato un evento che ha colpito la collettività, creando una condizione di elevata emotività. Quando ci si sente minacciati, sviluppiamo un’ansia sana e funzionale a salvarci. È fondamentale quindi non negare le proprie emozioni, ma riconoscerle e ricordarsi che è normale e che tutti noi possiamo avere diverse reazioni emotive in seguito ad un evento così inaspettato…