Svago e seduzione
di Tommaso Adriano Galiani
Docente e Scrittore
Gioco. Gioco di sguardi, di carte, d’azzardo, di bambini, d’amanti. Gioco inteso come match politico, scontro di poteri, di ruolo, incrocio di simbolismi, ma anche il gioco come scherzo, gara, passatempo.
Dalla Scacchiera in osso (VI – VII sec. d. C.) conservata presso il Museo Crypta Balbi, fino alle Bolle di sapone di Pierter Cornelisz van Slingelan o ai Calciatori del pittore danese Harald Giersing, l’arte spesso ha voluto e saputo rendere eterni i diversi oggetti e momenti di semplice svago.
Eppure, quando si parla del rapporto tra gioco e arte in termini più approfonditi, i possibili aspetti da analizzare sono tanti e variegati. La rappresentazione di un gioco, a volte è servita a tracciate tipologie umane, a sottintendere giudizi morali o a riprodurre iconografie convenzionali, ciò è avvenuto soprattutto a partire dal XVII secolo, nella cosiddetta “pittura di genere”.
Tra i più noti dipinti eseguiti da Caravaggio per il cardinal Francesco Maria del Monte, spicca la tela raffigurante I bari del 1594. Quello che per il pittore lombardo era un inganno, diviene però insegnamento di vita nell’opera di George De La Tour (Le tricheur à l’as de carreau, 1647), semplice svago tra uomini ne Les joueurs de cartes (1893 -1896) di Cèzanne e occasione d’inganno adolescenziale per Balthus.
Il gioco e i giovani sono quasi un accostamento obbligato se pensiamo allo sport, un mondo apparentemente distante dall’arte “alta” a causa di una certa idea di intellettuale; quasi che la prestanza fisica o lo spirito di competizione non sia sempre stato parte integrante, ambizione o interesse per ogni individuo e per i creativi. Non a caso, abbiamo rappresentazioni pittoriche del Tsu-Chu, sport fatto praticare ai soldati per ordine dell’imperatore cinese Xeng Ti. Nei Musei Nazionali Archeologici di Jatta, a Ruvo di Puglia, di Aquileia e di Taranto si scopre il gioco femminile della palla. Tuttavia ci resta anche un antico bassorilievo ellenico, (375-400 a.C) raffigurante un giocatore, un epískyros, che palleggia sulla coscia.
Ma svago e fisicità possono indurre al semplice e al tempo stesso complicato meccanismo della seduzione.
L’Arte non è casta e se lo fosse non sarebbe Arte
con queste poche parole Pablo Picasso ci ha spiegato l’emergere dirompente degli sguardi di signore o cortigiane, giovani e innocenti, attempate e seduttive, pensierose o sfacciate ritratte nel corso dei secoli.
Si tratta di un gioco per, e tra adulti, quello messo in atto da La Maya Desnuda (1790-1800) di Goya in continuità con certe raffigurazioni del passato, seppur più esplicito. Il fattore seduttivo è reso ulteriormente intrigante dall’esistenza della Maya vestida, tela in cui la fisicità della stessa donna è valorizzata da erotiche trasparenze. L’artista ha forse voluto ricordarci, qualora fosse necessario per alcuni di noi, che il punto di non ritorno è nello sguardo privo di pudore dell’approccio e che esso può divenire molto più rischioso di una qualsiasi partita a carte.
Così come nell’arte della seduzione i dettagli possono essere determinanti, altrettanto possono esserlo nella seduzione dell’arte.
Sono tanti gli artisti che si sono soffermati su specifici oggetti tanto quanto sulla loro simbologia con l’intenzione di spargere indizi ancora in grado di generare un diversivo investigativo per i più attenti ricercatori o per semplici fruitori museali.
Non ci resta, a questo punto, che decidere a quale tipo di gioco voler partecipare tra i molteplici che la millenaria creatività artistica ci ha messo a disposizione. Con tranquillità. Perché è uno di quei casi in cui non è prevista alcuna vittoria. La partita è aperta da secoli e resterà tale, semplicemente perché ogni giocatore stabilisce le sue regole interpretative.