Vado a vivere nel borgo
di Paolo Zeoli
docente
Gianfilippo Mignogna
sindaco di Biccari
Paolo Zeoli intervista Gianfilippo Mignogna
Sempre più italiani vogliono scappare dalla città per andare a vivere nei borghi.
Molti fanno questa scelta perché nel borgo tutto è più semplice e il costo della vita è più basso rispetto alle città.
In tempi di crisi come quella attuale non sarebbe mica male farci un pensierino!
Tutto, in effetti, è più accessibile: non c’è il problema del traffico e non c’è lo stress di trovare parcheggio dell’auto. Oltre allo stile di vita tranquillo e all’ambiente rilassato, si possono intraprendere rapporti duraturi con il vicinato.
I vantaggi del vivere nei borghi sono presto riassumibili: costi delle case inferiori, tranquillità, aria pulita, facilità di trovare parcheggio, presenza di aree verdi.
Abbiamo intervistato il sindaco di un piccolo borgo dei Monti Dauni in provincia di Foggia, Gianfilippo Mignogna che negli ultimi anni ha portato avanti una politica
di promozione e incentivazione per la vita nei borghi
Per quale motivo una persona dovrebbe cambiare vita, lasciare la vita metropolitana e vivere nei piccoli borghi?
C’è tanta gente nel mondo interessata allo stile di vita che si vive nel borgo. Partendo da situazioni molto diverse come caos, traffico, inquinamento, criminalità e grande stress molti individuano nei borghi un valore aggiunto e noi dobbiamo rivolgerci a questo target di persone.
Secondo te, è necessario offrire forme di incentivazione a chi si trasferisce nei piccoli borghi (progetto case a 1 euro, mancato pagamento di Imu, tari etc o prezzi calmierati, etc?
Sì, una forma di incentivazione per i piccoli borghi sarebbe importante non solo per chi si trasferisce ma anche per chi già ci vive. Immagino un sistema fiscale agevolato, differenziato o l’introduzione dei pagamenti ecosistemici.
Chi vive nei piccoli borghi spesso svolge una funzione fondamentale a beneficio di chi vive nelle città, perché presidiare il territorio (montagne, boschi, sorgenti), evitare che porzioni importanti di esso siano abbandonate, sono tutte attività che assumono una funzione pubblica che va oltre l’interesse del singolo territorio. In pratica, essi assolvono ad una funzione di riequilibrio territoriale per chi vive in altre zone. Per questo, da anni, si discute dell’introduzione a pieno regime dei pagamenti ecosistemici e, quindi, del riconoscimento di un valore economico alle persone che vivendo in contesti marginali svolgono una funzione importante. Sarebbe un elemento di grande incentivazione alla restanza o all’arrivo di nuova gente nei piccoli borghi nell’entroterra, ma sarebbe anche il riconoscimento di un ruolo e di una dignità e quindi avrebbe anche un grande significato politico.
Quali servizi dovrebbe offrire un piccolo borgo per attirare turisti o nuovi residenti?
Innanzitutto il borgo deve essere autentico, deve essere vero. Mi spiego meglio. Di recente, si sta affermando una narrazione “pericolosa” dei borghi cartolina, dei borghi villaggio, di paesi ideali da piccolo mondo antico, dove tutto è bello, tutto è cortese, quasi da pubblicità: in realtà questa è una forma distorta di proporre il “prodotto” borgo. Io credo, innanzitutto, che ogni borgo debba essere e offrire una realtà autentica, vivace, viva.
Il primo servizio necessario e immateriale è il servizio dell’ospitalità, della buona accoglienza, del buon vivere, della comunità località che ha piacere e voglia di ospitare.
Sono le persone che ospitano a fare la differenza più che le grandi infrastrutture e servizi che non abbiamo, quindi, bisogna fare un grande lavoro sulla comunità locale, sulla qualità della vita dei locals.
Anche Carlo Petrini, il fondatore di Slow food, sostiene che il turismo del futuro si giocherà molto sulla qualità della vita e sulla felicità delle persone residenti che ospitano. Se le persone sono felici di vivere nel proprio paese, poi saranno felici di condividere questo benessere, questa qualità della vita anche con i turisti, quindi è importante partire dalla comunità locali, oltre ad altri attrattori che bisognerà attivare.
Nel comune che amministri ci sono stati turisti italiani o stranieri che hanno acquistato case?
Sì, nel nostro comune siamo partiti a marzo 2021 con un progetto di vendita di case nel centro storico a 1 euro o a prezzi agevolati e nel giro di un anno abbiamo venduto 22 case, sono state vendute quasi esclusivamente a cittadini stranieri, argentini, tedeschi, portoghesi, americani, russi. Si tratta di “investitori” molto interessati a vivere per qualche mese o anche in maniera più stabile in un comune italiano. Particolarmente attratti dalla nostra qualità della vita, dalla capacità di instaurare relazioni umane autentiche, sono alla ricerca di sapori semplici e tradizioni.
Tutto questo produce un duplice vantaggio: da un lato ci aiuta a mantenere il decoro del paese, perché spesso le case abbandonate costituiscono un problema urbano e igienico sanitario, dall’altro ci sta aiutando tanto dal punto di vista economico, mettendo in moto un circuito che coinvolge progettisti e ditte che si muovono attraverso queste vendite. Attualmente una coppia messicana è interessata al nostro territorio.
Quale forma di incentivazione hai messo in atto nel tuo comune?
Non c’è stata propria una vera forma di incentivazione, abbiamo favorito un lavoro di promozione di queste case a basso costo attraverso un portale, abbiamo promosso il progetto casa a 1 euro direttamente con la CCN. Abbiamo ricevuto oltre ventimila email di potenziali interessati all’acquisto di case perché hanno un prezzo molto conveniente; si va da poche migliaia di euro fino a venti-trenta mila euro al massimo. L’incentivazione più importante è il fatto di poter contare su persone del posto come ad esempio il responsabile del progetto, il geometra Angelo Pierro, che prende in carico l’ospite, lo accoglie, gli fa vivere delle esperienze legate al nostro territorio, gli mostra le case, li ospita per qualche giorno e fa loro percepire il tipo di esperienza che possono vivere risiedendo nel nostro territorio.
La differenza non è economica, ma relazionale, gli stranieri non sono alla ricerca di business immobiliare, sono alla ricerca di uno sbocco di vita nuova, hanno fame di esperienza e di relazione.
Quali servizi o attività devono essere istituiti o incrementati affinché il comune diventi più attrattivo?
Abbiamo costruito un processo di crescita che ci ha portato ad ottenere la Bandiera Arancione, ovvero il marchio di qualità turistico ambientale del Touring Club Italiano: è stato così possibile lavorare molto sui servizi e sulle attività, abbiamo digitalizzato molti dei nostri prodotti attraverso vari siti, con la possibilità di prenotare tante esperienze. Abbiamo, inoltre, incrementato gli eventi e aumentato le occasioni di lavoro per i B&B, i ristoranti e per i produttori locali. Ultimamente, abbiamo introdotto il mercato della terra di Slow food, anche in versione e-commerce.
Abbiamo lavorato tantissimo sulla montagna, quindi sul Parco avventura, sui sentieri, sulla possibilità di dormire nel bosco nelle Bubble room, tutta una serie di attività che cercano di essere molto coerenti con la vocazione del territorio, che consentono di vivere delle esperienze particolari che sono poi quelle che fanno muovere le persone.
Quali sono le criticità che impediscono il flusso turistico (viabilità, reti, etc.)?
Le criticità sono tante, per prima cosa bisogna potenziare gli attrattori: borgo, centro storico e montagna, necessitano di interventi, di promozione, lavori e manutenzione. Si tratta di oneri che spesso un piccolo comune non può sostenere con il proprio bilancio. Occorrono degli investimenti da parte della Regione, dello Stato etc. Senza contare l’importanza delle infrastrutture materiali e immateriali: la banda larga, i collegamenti con i comuni limitrofi, soprattutto la domenica. Fondamentale è la promozione e la divulgazione a livello di territorio e di rete, in modo più professionale e puntuale, anche se negli ultimi anni sono stati fatti dei miglioramenti con la collaborazione di altri comuni e del GAL Meridaunia.
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