San Nicola/Santa Claus, il Santo più famoso dei Beatles e di Biden
di Enzo Varricchio (diritti riservati)
La storia di San Nicola di Myra e Bari, Santo celebrato dal calendario cattolico il 6 dicembre, suo dies natalis (giorno della morte e della rinascita nel Signore), è una storia fantastica conosciuta in tutto il mondo, che dura da quasi millesettecento anni.
Il suo nome significa “campione del popolo” e la dice lunga sul suo carattere.
San Nicola, rinomato dona ferens (portatore di doni ai fanciulli) del periodo d’Avvento, è il Santo più popolare della Cristianità, egualmente venerato da cattolici e ortodossi, solennemente celebrato in almeno cento Stati con chiese e cappelle innumerevoli, nonché una delle figure simboliche più famose al mondo, anche nelle vesti del suo discendente o, per meglio dire, “clone”: Santa Claus/Babbo Natale/Father Christmas.
Dante Alighieri lo pone a modello di generosità contrapposta all’ingordigia del re Ugo Capeto: “Esso parlava ancor de la larghezza che fece Niccolò alle pulcelle per condurre a onor lor giovinezza” (Purg., XX, 31-33).
Le sacre reliquie del suo corpo, stillanti un liquido taumaturgico detto “manna”, riposano nella cripta della basilica pontificia a Lui dedicata nella città di Bari di cui è patrono, ove viene festeggiato in due distinte occasioni: il 6 dicembre secondo il calendario cattolico, e il 9 maggio, giorno della traslazione delle sue spoglie da Myra a Bari.
Vien detto “Magno” per distinguerlo da altri santi con lo stesso nome vissuti nella medesima zona della natìa Patara di Licia e di Myra (oggi Demre presso Kale, in Turchia sudoccidentale), cittadina di cui fu vescovo in un periodo grossomodo compreso tra la metà del III e la metà del IV secolo dopo Cristo. Le notizie documentate sulla sua vita sono scarne (è inserito nella lista dei vescovi partecipanti al Concilio di Nicea del 325 d.C.), la data e l’anno della sua nascita sono alquanto disputati tra gli studiosi, mentre è certo il 6 dicembre quale suo dies natalis.
Già intorno al quinto secolo viene definito “santo” in un’iscrizione dedicatoria pavimentale ritrovata dallo scrivente (VARRICCHIO-TRIGGIANI: Il mondo di San Nicola- St Nicholas World, 2014) in una chiesa diruta di Saint Nicholas Island (Gemile), a pochi chilometri da Myra.
Verso il sesto secolo, e sempre più nei secoli successivi, si diffusero ovunque i racconti delle sue gesta miracolose: dapprima il salvataggio dei tre generali bizantini ingiustamente condannati a morte (Praxis de stratelatis), poi la dote alle fanciulle povere, poi la resurrezione dei tre fanciulli fatti a pezzi dall’oste malvagio; insomma, tutta quella biografia leggendaria che lo ha reso tanto amato e stimato persino nella cultura mussulmana ed ebraica.
Dall’ottavo secolo, complice l’Iconoclastia proclamata dall’imperatore Leone III l’Isaurico, che costrinse molti monaci iconoduli a fuggire portando seco icone miracolose, codici miniati ed edicole, il suo culto dall’Asia Minore si diffuse a Roma, nonché nell’Italia meridionale bizantina e nel mondo slavo con la predicazione di Cirillo e Metodio. Già intorno all’anno Mille, Nicola era uno dei santi più famosi in Europa, tanto che i Normanni, nuovi signori di Bari dal 1071, con il preciso intento di legittimare il proprio conquistato potere sotto l’egida di una figura carismatica, forse col celato consenso di Papa Vittore III, dovettero fomentare la spedizione di un manipolo (62 o 73?) di marinai baresi che nel 1087 trafugarono le reliquie dal sepolcro di Myra e le sbarcarono a Bari la domenica del 9 maggio. La notizia dell’impresa, documentata in ben quattro cronache coeve, delle quali una di autore francese e una in lingua russa (Slovo o perenesenii sv. Moščej sv. Nikolaja Mirlikijskago), fece il giro del mondo e in breve tempo rese Bari un importante centro di pellegrinaggio.
Dopo la traslazione, per custodire il corpo del Santo si decise di costruire una basilica ad hoc, e già il primo ottobre del 1089 il neovescovo Elia, fautore dell’impresa di Myra e figura di spicco nella Bari dell’epoca, unitamente a Papa Urbano II, consacrava la cripta della nuova chiesa in cui vennero riposte le ossa alla presenza dei conti normanni. Nel 1098, in pieno scisma ortodosso, vi si tenne un grande concilio per discutere il riavvicinamento tra la Chiesa d’Oriente e la sede apostolica di Roma, che vide la presenza del Papa e della massima autorità teologica del tempo: Sant’Anselmo d’Aosta, filosofo ideatore della celeberrima “prova ontologica” dell’esistenza di Dio. Erano cominciate le Crociate e la tomba di San Nicola divenne tappa obbligata per propiziare le spedizioni in Terra Santa. L’edificazione della basilica superiore, autentico capolavoro dell’architettura romanico-pugliese, proseguì almeno sino al 1103 e ospitò maestranze di notevole levatura, tra le quali spiccano il Basilio scultore del portale laterale della basilica, detto “dei leoni” e il cosiddetto “Maestro della cattedra di Elia”, autore dello splendido scranno episcopale posizionato dietro al ciborio e forse di altre decorazioni lungo le pareti del tempio. La consacrazione ufficiale del completato tempio nicolaiano avvenne il 22 giugno del 1197 dinanzi al cancelliere imperiale Corrado di Hildesheim.
Da allora santi, papi, re, imperatori e comuni mortali si sono recati a rendere omaggio alla tomba del grande taumaturgo, ospitati in apposite strutture ricettive, in primis il “Portico dei pellegrini”, edificio prospiciente la basilica barese, nel Medioevo sorta di hotel riservato agli ospiti importanti.
Il culto di San Nicola, già enormemente diffuso, fu “esportato” dai Normanni in Europa Settentrionale, raggiunse l’Inghilterra, la Francia, la Germania, i Paesi Bassi, e addirittura la Groenlandia (a Gardar, sede dal 1126 dell’episcopato cattolico della Groenlandia vichinga, si possono ammirare i resti della cattedrale di San Nicola, patrono dei marinai). Il simbolo delle tre sacchette di monete d’oro donate dal Santo alle fanciulle povere campeggiava sugli stipiti degli edifici sedi delle prime borse a Bruges e ad Anversa, antesignane dell’odierna Wall Street. Fu probabilmente prima con Cristoforo Colombo e poi attraverso l’Olanda che il rinnovato “Santa Claus”, più consono ai dettami protestanti, approdò anche in America, al seguito dei primi coloni fiamminghi che fondarono Nuova Amsterdam, oggi New York. Nel nuovo mondo, negli anni Venti del Novecento, per opera di scrittori e artisti che ne rimodellarono il personaggio, assunse le nuove sembianze di Father Christmas/Babbo Natale, figura simbolo del Natale e testimonial storico della Coca Cola, la quale dal diminutivo del suo nome (Ni)”Cola”, trasse forse anche parte della propria denominazione. In tempi più recenti, Babbo Natale è tornato dall’altro lato dell’Atlantico, stabilendo la sua sede a Rovaniemi in Lapponia e a Rothemburg in Germania, cittadine che sfruttano commercialmente la vocazione consumistica dell’alter ego del Santo.
Celebrata nelle opere di compositori come Haydn e Britten, raffigurata da artisti del calibro di Giotto, Masaccio, Antonello da Messina, Raffaello, Tiziano, San Nicola/Santa Claus, la figura del Santo ha originato una sterminata produzione artistica e folk-lorica.
Oltre ad essere antico patrono di Russia, Grecia e Lorena, di città come Amsterdam, Venezia, Instanbul e New York, nonché di tante altre località, San Nicola è protettore di una lunghissima serie di categorie sociali: bambini, vergini, studenti, chierichetti, zitelle e donne sterili, prostitute, soldati, commercianti, avvocati, giudici, notai, artisti e artigiani, carcerati, banchieri, farmacisti, pescatori, marinai, pescatori e zatterieri, mugnai, panettieri, macellai, mastri birrai e distillatori, contadini, tessitori, scalpellini, candelai e pompieri, agenti di borsa, orafi e gioiellieri, pirotecnici, spedizionieri marittimi, fabbricanti di candele, venditori d’olio, profumieri, battellieri, mastri d’ascia, agenti del dazio, ospedalieri, negozianti di tessuti, e persino dei ladri.
Dal punto di vista antropologico, come sottolineato dagli studi di Claude Lévi-Strauss, San Nicola è una figura di convergenza tra diversi personaggi leggendari dell’inverno presenti in tutte le culture. Iconograficamente, il Santo viene raffigurato secondo stilemi variegati ma gli oggetti simbolici più ricorrenti che lo caratterizzano sono il graduale o evangelario, la mitra (copricapo usato dai vescovi cattolici), il pastorale episcopale e i tre sacchetti di monete (o anche tre sfere d’oro), i quali richiamano la leggenda della borse di monete donate dal Santo alle fanciulle povere che rischiavano di finire prostitute.
Da sempre Nicola è il difensore dell’infanzia violata, come ricordano anche i tre bambinelli resuscitati che lo accompagnano nelle sacre immaginette, insieme a talora a figure goffe e demoniache che gli fanno da contraltare, come i Krampus tirolesi o l’aiutante Pietro il Nero.
Dal quarto secolo d.C. a oggi la fama di San Nicola si è sempre accresciuta e ogni giorno fa nuovi proseliti.
San Nicola è più conosciuto dei Beatles e di Joe Biden. Sia Papa Giovanni Paolo II che Papa Francesco si sono recati in pellegrinaggio sulla sua tomba, proclamando Bari frontiera di pace e luogo di fratellanza e unità fra i popoli nel nome di San Nicola.
La sua è davvero un’incredibile storia infinita.
ENZO VARRICCHIO
E’ coordinatore del Comitato tecnico scientifico del progetto “Una statua di San Nicola per la Pace”.
Alcune sue pubblicazioni su San Nicola:
San Nicola e il suo doppio. Basilica di San Nicola di Bari, VIII centenario della dedicazione della Basilica superiore, edizioni Dal Sud, Bari, 1996.
Reliquie contese. L’enigma dei due corpi di San Nicola. Il vescovo che diventò Babbo Natale, in MEDIOEVO n. 9, ed. De Agostini-Rizzoli, Milano, 2001.
“Il mondo di San Nicola – Saint Nicholas World – agiografia e geografia del Santo di tutte le genti”, con planisfero, ed. San Nicola per Bari, Bari, 2014.
San Nicola: una storia fantastica, in Santi Patroni d’Italia San Nicola, Editalia – Treccani, Roma, 2020.
We are all St Nicholas, inno in onore di San Nicola, testo e musica con Simona Sottili e gli “Hora Prima”
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