La parola libertà storicamente si impone certamente in modo irripetibilmente impetuoso con la rivoluzione francese. Già serpeggiava in alcuni ristrettissimi circoli intellettuali e politici ma indiscutibilmente quella rivoluzione nella superpotenza economica e militare dell’epoca ha segnato un cambio di rotta di cui ancora discutiamo. Certo, quella è stata una rivoluzione cruenta, potremmo dire di stampo indiscutibilmente barbarico che mai più vorremmo rivedere.
Qualche decennio dopo quei fatti in modi ben più composti ma estremamente coinvolgenti nel Parlamento di Londra si è discusso delle Corn Law cioè della ipotesi di consentire ai commercianti di grano inglesi di acquistarlo dall’estero pagando meno il dazio all’importazione. Sarebbe stata la fine (come effettivamente è stato) dell’agricoltura britannica ma si sarebbero esportati i prodotti dell’industria guadagnando di più. Anche qui le motivazioni vere non sono fini ed infiniti ragionamenti filosofici (che pure ci sono stati) ma ragioni bassamente empiriche, venali; ma ogni popolo si esprime con la cultura che ha. È stato quello -il dibattito sulle corn law- l’entrata nella idea mondialista che ancora oggi il mondo anglosassone sostiene per se e per noi.
Noi da che parte stiamo?
Circa i fatti rivoluzionari francesi con il senno di poi possiamo dire che non serviva tagliare teste a persone vive e a statue di santi in quella maniera per instaurare una maggiore libertà e, ancor meno serviva al miglioramento del livello di benessere della popolazione. Circa poi la condizione di asservimento delle moltitudini (e quindi il riconoscimento di una loro identità o soggettività originale o di dignità che dir si voglia) che la libertà prometteva di sconfiggere, dopo due secoli possiamo dire che dobbiamo riporre mente ad una rivoluzione per vincere quella condizione di asservimento con l’aggravante che oggi l’attuale corrispondente dell’ancien regime è ben più agguerrito di giannizzeri e armi tecnologiche di allora.
Il mondialismo liberale anglosassone introdotto discettando di corn lws, poi ha fatto strame dell’ambiente e ha creato centri di potere sovranazionali che hanno accumulato cifre incalcolabili (incalcolabili anche con l’utilizzo dei più potenti e sofisticati computer) distruggendo interi comparti economici in ogni parte del mondo e consegnandoci ad un progetto di società livellatrice che non lascia nessuno spazio al singolo individuo e pensiero. Dovremo vestire e mangiare e vivere tutti nel modo pensato e realizzato per noi da chi asserisce di sapere meglio di noi quello che è meglio per noi!
Senza parlare delle ricadute dell’attuale idea liberale sta avendo sul piano più personale, sulla famiglia, sulle nuove generazioni, sulla sessualità, sulla psicologia collettiva ed individuale.
Come fallimento dell’idea liberale sia in Francia che in Gran Bretagna non poteva essere peggiore.
Così come i cuochi servi dei nobili francesi non potevano non sapere che sapore avessero le brioches a loro inibite e quindi sapevano che un altro mondo diversissimo da quello fatto di stenti in cui erano prigionieri esisteva, così adesso tutti -nessuno escluso- sanno che un mondo più giusto può esserci e sta ad un palmo del nostro naso; ma ci viene precluso dai pochi che comandano. Quindi la libertà nonostante la pessima prova che ha offerto nella Storia rimane una componente imprescindibile della vita umana e quindi va ripensata.
La libertà del futuro deve essere totalmente ripensata per garantire una transizione non traumatica verso un mondo meno iniquo. Conviene pensarla e provare ad introdurla per gradi secondo una progressione che potremmo chiamare Politica con la P maiuscola. L’alternativa è la contrapposizione sempre più cruenta tra modelli di economia e società specie in quei popoli organizzati nei modi ispirati al modello tribale e che per questo sono più avvezzi alla violenza e alla cieca disciplina. Come accaduto nelle rivoluzioni e nelle guerre cominciando da quelle in corso.
Spetta a noi latini prendere l’iniziativa e ritornare a quella mentalità includente e a quella economia che non abbia alcuna ambizione di anteporre la efficienza tecnologica alla umanità che inevitabilmente ed incomprimibilmente alberga in ognuno di noi.
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