Autonomia differenziata: sì ma lasciando al Sud il PIL del Sud

di Canio Trione
economista

La vicenda dell’autonomia differenziata finirà in una bolla di sapone semplicemente perché i Ministeri non avranno alcuna intenzione di rinunziare alle proprie prerogative e quindi venderanno cara la pelle; cosa che è già evidente nella stesura finale della legge che la istituisce.

 

I nostri politici meridionali non sapendo che pesci prendere si sono arroccati in un “no” senza proposta alternativa; per loro e per conservare le loro clientele serve solo ingraziarsi (magari con congrui “aiuti” a danno del contribuente locale) le multinazionali che vogliono insediarsi al sud per piazzare in quelle aziende e senza concorsi o altro, amici e amici degli amici. Così un grande supermercato come una pista per auto da corsa sono per loro manna perché possono poi avere in questi insediamenti (che contrabbandano “per il sud e la occupazione al sud”) posti di lavoro da dispensare ai loro elettori. A loro serve avere anche più danari possibile da Roma per le opere locali anch’esse foriere di nuovi posti di lavoro e quindi per sostenere le clientele. Soldi che il PNRR ha dispensato generosamente e che la autonomia differenziata potrebbe far prendere un’altra via; quindi il “no” è d’obbligo sia che il politicante sia di destra che di sinistra. Il destino invece ha voluto che per ragioni diverse sia la destra che la sinistra, nazionali e locali, negli anni hanno favorito il cammino di questa idea autonomista nordica e la sua realizzazione concreta. Cioè non avendo una propria idea ci si mette al traino del capo politico di turno e basta. Cioè i nostri politici meridionali agiscono completamente a vanvera.

 

Quindi l’intera vicenda ha posto in luce una evidente carenza di rappresentatività del sud in ogni cosa che lo riguarda. Chi sa cosa dire? Chi sa quale è il vero interesse del sud? Chi ha la forza rappresentativa di parlare in nome del Sud tutto intero? Nessuno, e quindi ancora una volta sono i partiti nazionali che tentano di dare una voce al sud stando ben attenti a non dispiacere il nord…il tutto nella certezza che alla fine il sud non protesterà mai più di tanto.

 

Ma quale dovrebbe essere l’interesse del sud? A fronte della idea di lasciare al nord le tasse pagate al nord cosa diciamo? Che dobbiamo lasciare al sud il Pil prodotto al sud. Principio semplice e inattaccabile. Se estrai petrolio a Ferrandina devi pagare le tasse a Ferrandina. Se costruisci le automobili a Melfi devi pagare le tasse a Melfi e non a Londra o Dublino. Diversamente non devi stare al sud.

 

Serve un distinguo: una cosa -inaccettabile e da correggere- sono le imprese multinazionali manifatturiere che vengono a produrre qui e pagano tasse altrove realizzando una evidente evasione fiscale “legale” e cioè consentita dalle burocrazie romane; altra cosa è la produzione di energia che evidentemente si deve necessariamente fare dove sta il petrolio, il sole e il vento che producono fisicamente tali ricchezze. Queste ultime ovviamente vanno nazionalizzate dalle regioni del sud senza alcun tentennamento e la monetizzazione di tali ricchezze deve andare a diretto beneficio delle popolazioni meridionali sottoforma di bollette molto ma molto più leggere delle attuali. MAI dei politicanti locali. Questo significherebbe per le piccole imprese meridionali di divenire molto più competitive e quindi poter crescere rapidamente; non solo! le famiglie consumatrici meridionali potrebbero così alimentare un mercato locale molto più florido dell’attuale anche a beneficio di produttori nordici; circostanza che permette di mantenere al sud i salari bassi.

 

Tutto questo non è frutto di una scelta politica di parte, ma del Diritto Naturale! Nessuno pensa che il petrolio texano possa divenire italiano senza che venga regolarmente pagato; perché il Texas non è una colonia! invece molti pensano che il petrolio nigeriano o libico possa divenire francese o americano solo pagando qualche concessione al politicante locale di turno. Come fanno del petrolio lucano.  Nel caso nostro v’è di peggio: la concessione sul petrolio lucano viene pagata alla burocrazia romana non a quella di Potenza!!! Semplicemente perché Potenza non esiste come soggetto giuridico titolare di quella ricchezza che invece ex lege è per definizione di Roma! E chi lo statuisce??? La stessa burocrazia romana cioè quella che incassa! Per quale ragione dovremmo consentire che si prosciughino le nostre risorse petrolifere a vantaggio della burocrazia romana che non ci ha dato neanche le strade, che ci ha tolto le banche come la popolare di Bari e che è anche azionista di maggioranza della società petrolifera che assieme ad altre prosciuga il nostro petrolio? Cioè oltre a tasse da capogiro i meridionali pagano e che non sono servite a costruire le infrastrutture che sono state edificate altrove, si prendono i proventi delle nostre risorse petrolifere che così vanno nel pozzo di san Patrizio del bilancio pubblico? E ci si chiede ancora quale è la posizione del sud sulla questione autonomia differenziata?

 

A monte del diritto amministrativo scritto dalle burocrazie romane a proprio diretto vantaggio c’è il Diritto Naturale che dice che quel petrolio è delle popolazioni e delle Istituzioni locali; popolazioni che, per mitezza e rispetto verso le Istituzioni nazionali o perché mal guidate sono state zitte adesso vogliono riprendersi quello che è loro. Se il gettito fiscale ottenuto dalle nostre risorse e le stesse nostre risorse vengono incamerate da loro e noi dobbiamo elemosinare la riparazione di una vecchia strada senza avere una sola autostrada o aeroporto o, ancora peggio, non poter pagare le bollette senza rinunziare al pranzo o alla cena …allora no! Allora l’autonomia dobbiamo averla noi e, ripeto, non per scelta ma per diritto! Autonomia di utilizzare le nostre risorse per noi, le nostre famiglie e imprese, e non per arricchire loro.

 

Non conta che sarà una regione unica del Mezzogiorno o una sollevazione popolare ad imporsi, ma il Diritto di sempre e per sempre, il Diritto Naturale, dovrà essere rispettato. Quelle risorse sono le nostre e devono tornare ad essere nostre a favore delle nostre popolazioni ed imprese.


FOTO: Il PIL della bellezza, Enzo Varricchio, 2024 (diritti riservati)

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