L’attentato a Trump e le democrazie occidentali al bivio

di Canio Trione
economista

 

Tantissimi pomposamente dichiarano che la violenza non può avere nulla a che fare con la democrazia; molti di essi nei loro retropensieri si sono mangiati i gomiti nel considerare che per qualche centimetro di differenza non si sia volatilizzata la “questione” Trump e la sua ipoteca sulla Casa Bianca. Altri, sempre nello stesso silenzio, si sono chiesti come può essersi preparato un tiratore da olimpiade come questo e chi gli ha insegnato a sparare così. Altri cominciano a chiedersi se la candidatura Biden non si sarebbe rafforzata se il suo avversario non fosse stato più gravemente ferito. Altri ancora, utilizzano per gli Stati Uniti parole come “guerra civile”, ricordando quella di secessione come esito non più evitabile visto lo scontro anche violento tra fazioni così distanti nella stessa concezione della vita e della economia. I più fantasiosi pensano ad un complotto di Trump per passare per martire.

 

I media nostrani parlano apertamente ormai di sparatoria e non di attentato per non trasformare Trump in un perseguitato e in un martire.

 

Non sapremo mai come stanno le cose ma la memoria va all’assassinio Kennedy e all’attentato al Papa e a quello a Martin Luther King e a tanti altri tutti realizzati -si dirà dopo- da isolati squilibrati e niente più.

 

Oggi abbiamo una candidatura Trump mai così forte ma non per la forza dei suoi argomenti, quanto per una ventata di simpatia emersa in diretta televisiva per un tentativo andato male di farlo fuori. È questa una ulteriore conferma che il voto non è mai spontaneo e consapevole ma istintivo ed umorale; con il gioco delle tre carte come accaduto in Francia o con effetti scenici speciali o con voti per corrispondenza o altro, ma è sempre pilotato. La democrazia non è stata colpita dal colpo di fucile che ha ferito Trump o dalla violenza in genere, ma era già bell’è morta da prima e quindi serve ripensare il sistema occidentale.

Non si può governare con la popolazione divisa così profondamente senza cercare una mediazione tra le parti che è compito della politica. Cosa che accade in ogni parte del mondo e tra varie parti del mondo.

 

L’identità del singolo e delle collettività da una parte, e il mondialismo delle grandi organizzazioni economiche e mediatiche dall’altra sono alternative e vanno dritto allo scontro frontale: la vita di una comporta la fine dell’altra. Come fu nella rivoluzione francese. La politica deve cercare una idea che componga queste diversità diversamente il conflitto può degenerare da un momento all’altro.

 

Nel frattempo la candidatura Biden è definitivamente fuori gioco e le guerre non accennano a terminare: andiamo ancora verso il peggio come una corrazzata priva di una idea di direzione e di un sistema di comando. Conviene prepararsi al peggio?

 


FOTO: La casa di cristallo, Renè Magritte, 1939

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