di Ermes Strippoli

studente

L’Italia è una nazione che vanta un forte impegno per la pace, come sancito dall’articolo 11 della sua Costituzione, che afferma: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.” Tuttavia, dietro questa facciata di pacifismo, si cela un’ipocrisia che solleva interrogativi inquietanti sul reale comportamento del Paese in ambito internazionale.

Negli ultimi anni, l’industria bellica italiana ha registrato un incremento esponenziale delle esportazioni di armi, rendendo l’Italia uno dei principali esportatori mondiali. Tra il 2019 e il 2023, il valore delle esportazioni di armi è aumentato del 86%, portando il Paese al sesto posto nella classifica globale. Questi dati, forniti dallo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), evidenziano una contraddizione profonda: mentre l’Italia proclama il ripudio della guerra, contribuisce attivamente ad alimentare i conflitti in diverse parti del mondo.

La modifica della Legge 185/90, attualmente in discussione, rischia di compromettere ulteriormente la trasparenza riguardo alle esportazioni di armamenti. Se approvata, questa proposta permetterebbe al governo di operare con meno scrupoli, riducendo la quantità di informazioni che devono essere fornite al Parlamento e, quindi, ai cittadini. Questa opacità non solo mina il diritto all’informazione, ma rischia anche di facilitare il commercio di armi verso regimi autoritari e Paesi coinvolti in conflitti armati.

Un esempio emblematico è rappresentato dall’esportazione di armi verso Israele, che ha visto un costante aumento anche durante i periodi di conflitto con Gaza. Mentre altri Paesi, come la Spagna, hanno preso posizione contro queste pratiche, l’Italia continua a mantenere un atteggiamento ambiguo, giustificando le sue azioni con argomentazioni legate alla sicurezza nazionale.

La crescita delle esportazioni di armi italiane è accompagnata da un silenzio inquietante da parte della società civile e delle istituzioni. Nonostante l’orgoglio nazionale per una Costituzione che promuove la pace, il fatto che l’industria militare prosperi nel contesto di conflitti globali mette in discussione l’integrità morale del Paese.

In un momento in cui l’umanità affronta crisi globali e conflitti sempre più complessi, è fondamentale che l’Italia faccia un serio esame di coscienza. I cittadini devono chiedere maggiori responsabilità e trasparenza da parte del governo, affinché le parole di pace non siano solo un semplice slogan, ma riflettano un vero impegno a costruire un futuro senza guerre. L’ipocrisia del ripudio della guerra e la contemporanea vendita di armi rappresentano un fallimento della democrazia e della giustizia sociale. È tempo che l’Italia, così orgogliosa della sua Costituzione, agisca in modo coerente con i suoi principi fondamentali, ponendo fine a una pratica che non solo contraddice il ripudio della guerra, ma alimenta conflitti e sofferenze nel mondo.

 


FOTO: di Freepik

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