Sembra che il piano Mattei -che coinvolge un numero crescente di paesi africani- sia costituito dalla edificazione di strade, ponti, ferrovie, porti e altre infrastrutture. Non è una cosa molto difficile da progettare e realizzare. I malpensanti suppongono che sia stato “ispirato” dai nostri costruttori che -orfani del ponte sullo stretto e altro- hanno urgente bisogno di edificare qualcosa senza troppi orpelli burocratici per quindi di garantirsi un flusso ben generoso e stabile di soldi sicuri.
Naturalmente servono miliardi e i numerosi cittadini italiani in perenne coda nei pronto soccorso nostrani e in attesa di una risonanza non capiscono dove saranno trovati e perché verranno inviati in Africa prima di potenziare i nostri ospedali. La diplomazia italiana si darà da fare a cercare di “coinvolgere” o -si dice oggi- “europeizzare e internazionalizzare” l’operazione…cioè a chiedere soldi alle istituzioni finanziarie internazionali (probabilmente sempre le stesse..) facendo firmare le relative cambiali alle organizzazioni internazionali -UE in testa- che quelle istituzioni finanziarie hanno voluto così convintamente proprio per questo tipo di affari. Anche la “intuizione” italiana di sempre -cioè quella di europeizzare il nostro debito e quindi italianizzare la politica finanziaria ed economica europea e mondiale- ne esce ampiamente vittoriosa. Morale: anche nel fare debiti “buoni” siamo imbattibili!!!
Così l’operazione Mattei si rivela importante se non geniale: riuscire in un colpo solo a tenere contenti finanzieri internazionali, grandi banche, mega costruttori, imperialismo economico nazionale e culto del debito così caro alle sinistre (tagliando a queste un po’ di erba sotto i piedi cioè il loro collegamento con i veri Poteri Forti) è un colpo da maestri degno dei grandi della destra italiana.
In ogni caso ognuno la pensi come vuole ma così sembra essere la situazione. Il negoziante sotto casa non ricaverà un bel niente da questo progetto.
Forse le cose non stanno proprio così come molto brutalmente l’abbiamo messa noi, ma i bene informati -maliziosi- la vedono così e noi, giornalisticamente, così malamente la riportiamo.
Nel contempo Los Angeles brucia per via dei venti caldi e secchi originati dal vicino deserto; venti che sono simili a quelli che chiamiamo qui in Puglia venti sciroccali i cui effetti desertificanti e relativi rischi di incendi da secoli i nostri contadini contrastano con la pratica efficacissima delle precese. Come mai gli americani così bravi in tutto si fanno prendere in castagna così facilmente? Non si potevano imitare i contadini pugliesi o quelli israeliani e fertilizzare -almeno- le parti desertiche più prossime alle città anziché assistere inermi alla desertificazione delle aree fertili e all’incendio delle città? Anche lì la subcultura grandindustriale e finanziaria sembra aver preferito il saccheggio “legale” operato a danno di tutti dal grande capitale,… alla saggezza, la concretezza e la profondità della cultura contadina.
Sia negli Stati Uniti sia in Africa la cosa più necessaria non è favorire ulteriore arricchimento ed elefantiasi delle imprese che hanno facile accesso ai Palazzi della politica (come l’attuale Piano Mattei fa) ma investire nella fertilizzazione progressiva dei deserti che darebbe occupazione e cibo a milioni di persone avviando un vero processo di sviluppo endogeno senza ulteriormente falsare l’equilibrio dei poteri in Occidente. Serviranno anche strade e porti ma sarebbero solo una parte di un vero Piano di sviluppo dell’economia reale. Lo sviluppo endogeno è quello che si autodetermina senza l’aiutino del contribuente o dei finanzieri e che dura per sempre…e senza la partecipazione delle mega società che sfornano piante geneticamente modificate e concimi e fitofarmaci che consumano il suolo.
Questo dovrebbe essere il vero Piano Mattei non quello di soddisfare assieme tutti i Poteri Forti del Pianeta creando debiti.
Tanto tempo fa esisteva un giorno dell’anno dedicato all’ambiente in cui le scolaresche erano testimoni della piantumazione di un albero; lo si faceva per spiegare ai giovani la importanza di anche solo un albero per il futuro del pianeta. Finita quella cultura è finito il pianeta! non servono improbabili visionarie svedesi o europee… già ce lo diceva il Ragazzo della via Gluck nel lontano 1968 e noi, giovani da sempre, non lo dimenticheremo mai.
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