di Enzo Varricchio

 Se ancora non vi siete ripresi dall’attacco al fulmicotone del nostro primo numero dedicato a “LEI”, L’ARTE DELLE DONNE, LE DONNE NELL’ARTE, visto che molti ci hanno visitati e nessuna donna si è ancora incazzata per come l’abbiamo osservata nei nostri articoli, vi sentirete ancora più coinvolti da questo

ORIENTALIS KHARMA

perché stavolta parliamo di tutti voi, di ognuno di noi, perché, come denunciava la semiomonima canzone di Francesco Gabbani, ormai non c’è più nessuno in giro che non sia affetto da una qualche mania orientaleggiante, che non sia Yogi, Sushi fan, convertito mussulmano o buddista, che non spenda danaro in massaggi Shiatsu e farmaci ayurvedici, tutto per soddisfare questa smania di fuga dall’Occidente, dai suoi ritmi ansiogeni e corrosivi, per tuffarsi nelle placide acque spirituali dei monaci tibetani, confuciani o sufici, oppure solo per sembrare fighi affollando le sale di ristoranti e agenzie di viaggio nippofili, per avere un attimo di gloria sia pure su Instagram, pur non capendo un beneamato cavolo di ciò che si sta idolatrando e comperando.

Un po’ come il Leonardo, protagonista di Smanie per la villeggiatura  di Goldoni, che viaggia per esibire all’amata Giacinta una ricchezza materiale – in questo caso anche morale e intellettuale – che non possiede affatto.

C’è da sorridere. L’Oriente in quanto tale non esiste. Tutti sono a Oriente di qualcuno come sono a Occidente di qualcun altro.

LE CULTURE ORIENTALI, quelle del medio e dell’estremo oriente, sono affascinanti ma complesse e faticose mentre noi pretendiamo di occidentalizzarle sintetizzandole come un Bignami, salvo poi accorgerci che non fanno per noi sfaticati e passare disinvoltamente e clandestinamente dal veganismo alla zampina, dal giapponese al polpo sbattuto in riva al mare, dallo Yoga al Pilates, dalla meditazione zen al mazziatone in curva nord, infine dal Tantra a scopare punto e basta che non era poi così male. Come se Mohammed Alì si riconvertisse in Cassius Clay un giorno sì e uno no.

L’Oriente, per come lo vediamo noi occidentali, non esiste e non è mai esistito.

Forse l’Oriente meriterebbe più rispetto e anche noi dovremmo rispettarci di più nel seguire le fole del momento, magari cercando anche di capire piuttosto che copiare e omologarci con l’illusione di distinguerci.

Cercheremo di testimoniare, più che di analizzare, le cause di questa sindrome collettiva che tuttavia, a suo modo, segna il passaggio a una consapevolezza quantomeno delle nostre non velabili tristezze e mancanze, dei nostri irrinunziabili vizi e delle nostre pochissime virtù. Ben venga in questo senso la scoperta dell’altra metà del mondo, anche se superficiale. Di qui alla vera coscienza delle nostre scelte il passo è ancora lungo, molto lungo, anzi lunghissimo se consideriamo che le grandi imprese mondiali non fanno altro che insufflare queste manie per generare nuovi consumi quasi sempre inutili o quasi.

Stanno per venderci gli insetti edibili, gli androidi domestici (o le domestiche androidi?), i chip sottocutanei al posto dei tatuaggi e chissà quali altre diavolerie.

Noi cerchiamo di suonare la sveglia. Lo faremo con i mezzi che abbiamo scelto: il racconto, la poesia, l’arte, la bellezza, l’ironia.

Le soluzioni spesso scaturiscono da un meccanismo artistico che qualcuno chiama “serendipità”, un’aggregazione apparentemente casuale e talora erronea di pensieri e atti che fermentano in cultura che fa scattare l’idea nuova e vincente, come la mela di Newton per la legge di gravità, la muffa per la penicillina o gli esperimenti sull’ipertensione per il Viagra, tanto per capirci.

Cerchiamo di far scoccare la scintilla della conoscenza profonda delle cose giocando con esse. Contiamo su di voi lettori e scrittori per rimproveri e consigli ma solo se sinceri e intelligenti.

Buona lettura e buona scrittura a tutti.

 

L’Oriente è una droga, un tranquillante che ci inoculiamo quotidianamente, nella speranza di renderci immuni ai nostri vizi

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