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di Manuela Latrofa

Quali sono oggi i confini per definire una sessualità sana?

La rivoluzione sessuale e la laicizzazione della cultura hanno aperto le porte ad una sessualità meno rigida, meno soggetta a valutazioni di ordine moralistico, in cui l’individuo sperimenta la propria libertà sessuale assecondando i propri desideri e le proprie inclinazioni.

Allora quando si può parlare, clinicamente di comportamento sessuale perverso o, come meglio definito oggi nel DSM-5, di parafilie?

Per prima cosa è importante sottolineare che le perversioni sessuali, clinicamente intese, non hanno nulla a che fare con le trasgressioni occasionali, con le sperimentazioni di varianti sessuali e meno che mai con il gioco erotico. Nella perversione sessuale non c’è nulla di romantico anzi è cupa, noiosa e triste (Ghezzani). 

Non esiste relazionalità, intimità, desiderio di scoperta ed arricchimento personale attraverso la sperimentazione di se stessi, come nel gioco erotico, in cui gli individui nel mettersi alla prova, catarticamente si rivelano a se stessi e all’altro.

La perversione ha come obiettivo la distruttività, l’umiliazione e la degradazione del partner sessuale. Stroller la definisce la forma erotica dell’odio.

Infatti essa, come erroneamente si pensa, non si esplica nella coppia, non si origina e non si perpetua in essa, ma è nell’individuo solo con se stesso.  Come afferma Ghezzani la perversione è una deviazione solitaria che nasce da un narcisismo incompiuto, rimediato o distorto. Poiché il perverso non contempla l’altro che non partecipa all’azione. L’altro è reificato, è un soggetto ridotto ad uno stato di passività, come può esserlo un bambino (pedofilia), una persona morta (necrofilia), un feticcio (feticismo), un oggetto animato (zoofilia). Un altro da sé che per motivi biologici, psicologici o sociali non acconsente liberamente ad esprimere il proprio consenso all’atto. Il perverso usa il suo potere per sedurre, dominare e sfruttare l’altro.

Ciò che contraddistingue un disturbo parafiliaco per il manuale diagnostico dei disturbi mentali è la causalità di disagio significativo e danno verso se stessi o gli altri.

Come si sviluppa un comportamento perverso?

Stroller definisce l’essenza della perversione come la conversione di un trauma infantile in un trionfo adulto, ossia la spinta a vendicare umilianti traumi infantili causati dai genitori attraverso le proprie fantasie, in cui la vendetta consiste nell’umiliare e disumanizzare il partner durante l’atto perverso. 

Freud suggeriva, inoltre, che la coazione a ripetere che contraddistingue gli atti perversi, la riutilizzazione e la ripetizione, dello stesso atto, non sono altro che un tentativo di controllo di quell’angoscia antica, relativa a quell’intenso dolore rimosso sperimentato in età infantile.

Le ragioni delle preferenze individuali per determinate fantasie o scelte restano piuttosto oscure. Le parafilie si inquadrano in:

  • esibizionismo (eccitazione sessuale tramite esposizione dei propri genitali, spesso durante attività masturbatorie, di fronte a una persona estranea che non se l’aspetta);
  • feticismo (eccitazione sessuale mediante l’uso di oggetti inanimati, come, ad esempio, capi di vestiario femminili; spesso il soggetto raggiunge il piacere sessuale attraverso pratiche onanistiche, mentre indossa, si strofina ed odora il feticcio. Può, inoltre, chiedere al partner di utilizzarlo durante gli incontri sessuali);
  • frotteurismo (eccitazione sessuale ottenuta col toccare o strofinarsi contro una persona non consenziente, attività effettuata spesso in luoghi pubblici affollati o sui mezzi di trasporto);
  • pedofilia (impulsi ed attività sessuali nei confronti dei bambini prepuberi);
  • masochismo (trarre godimento sessuale dall’essere sottoposto a sofferenze fisiche e psicologiche e umiliazioni da parte di altri);
  • sadismo (eccitazione sessuale derivante da atti reali e non simulati che implicano l’infliggere al partner umiliazioni, percosse o sofferenze);
  • feticismo da travestimento (impulsi sessuali provocati dal travestirsi con abiti del sesso opposto; tale categoria non va confusa col transessualismo, che è un esito del disturbo dell’identità di genere e non è quindi una parafilia);
  • voyeurismo (piacere sessuale derivato dallo spiare persone ignare mentre sono nude, in intimità, o durante i loro rapporti sessuali; tale condizione deve essere distinta dal troilismo, che consiste nel trarre eccitamento sessuale dall’osservare apertamente altre persone che hanno rapporti sessuali).

In esse non vengono inserite le forme di comportamento sessuale insolite, non convenzionali poiché non sono necessariamente oggetto di attenzione clinica se non arrecano malessere ai soggetti coinvolti.

Dunque, la perversione non ha nulla a che fare con la scoperta e la sperimentazione, anzi ne è la tomba. Non arricchisce la sessualità ma la svilisce e la degrada portando l’individui a sperimentare infelicità.

Una sessualità sana è libera, consapevole. E’ espressione e sperimentazione di sé, nel pieno consenso e desiderio delle parti coinvolte, aumenta la conoscenza reciproca, l’intimità e il benessere dei partners.

 

 

 

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