Non esiste quella robaccia, la magia!
di Riccardo Palamà
Quante volte abbiamo guardato il cielo grigio fuori dalla finestra e abbiamo pensato ‘magari potessi far spuntare il sole!’, oppure, a fronte di un trasloco: ‘se solo potessi spostare gli scatoloni con il pensiero’; o ancora, a quanti di noi è capitato di stare a contatto con una persona assolutamente sgradevole e desiderare: ‘ quanto vorrei che sparisse per magia’.
Magia!
Per quanto possa risultare astratta e lontana dalla quotidianità, la magia, intesa nelle sue molteplici forme, è molto vicina all’essere umano, e non la si colleghi al mago o alla strega dalle lunghe tonache svolazzanti, o almeno non solo a queste figure. Perché la magia, soprattutto nel mondo del cinema, cerca di raccontare in qualche modo una verità profonda che ognuno possiede. E non è scontato che questa verità sia ben compresa come parte integrante della personalità. Difatti può essere esplicita, e quindi dimostrazione di una piena coscienza di sè, oppure può rimanere sopita fino a quando un espediente specifico non permette di farla emergere.
Quest’ultimo non è sicuramente il caso delle sorelle Sanderson e di Madeline Ashton. I personaggi appena citati provengono da due film cult degli anni novanta, rispettivamente Hocus Pocus (K. Ortega, 1993) e La morte ti fa bella (R. Zemeckis, 1992). Benché buffe e ai limiti del grottesco, queste donne incarnano uno dei desideri primordiali dell’uomo: l’eterna giovinezza.
Pronte a tutto pur di evitare che la loro bellezza sfiorisca, le tre megere sono disposte a sacrificare le vite di innumerevoli bambini pur di arrestare lo scorrere del loro tempo mentre la bionda attrice è disposta a passare l’eternità in solitudine pur di arrestare il decadimento fisico. Nonostante l’intento, invece, Madeline resta vittima della sua più grande paura e insieme con l’amica Helen, passerà il resto della sua vita eterna letteralmente a spruzzarsi vernici e a stuccarsi la faccia!
Immediatamente, si presenta il parallelismo con la realtà in cui veniamo costantemente bombardati da pubblicità di cosmetici antiagee da vetrine piene zeppe di sieri miracolosi, che finiscono nelle borse tanto delle donne, quanto degli uomini, fino alle lunghe liste d’attesa dai chirurghi estetici.
Sia chiaro, chi scrive non ha l’intento di criticare o dare giudizi, semplicemente, si interroga su
che tipo di ‘magia’ ci si aspetti da questi espedienti: il raggiungimento della tanto agognata felicità, che quindi passa per la bellezza esteriore, o il semplice gusto di apparire, magari ricevendo complimenti salva-autostima?
Ci sono però casi in cui la magia, più che a servizio di se stessi, viene messa a servizio dell’umanità. O meglio, è ciò che Saruman tenta di fare durante gli eventi narrati nella trilogia del Signore degli Anelli (P. Jackson, 2001-2003). Lo stregone, il più potente del suo mondo, attraverso la propria immensa conoscenza aspira alla creazione di una società in cui la scienza divenga la legge dominante.
Ciò può essere realizzato attraverso l’imposizione del proprio sapere, elevandolo quindi ad assoluto. Il personaggio altro non è che una metafora dell’avanzamento tecnologico, per cui assistiamo a un tentativo di usare la magia come una arma per raggiungere un presunto bene superiore. Una ricerca del progresso per amore del progresso stesso, dettata da una profonda consapevolezza delle proprie capacità e da una presunzione che, seppure vista dal mago come unica via percorribile, lo porterà alla rovina.
Arriviamo infine a un film che attraverso la magia, in particolare l’illusionismo, tratta un aspetto del carattere molto interessante, soprattutto se rapportato a dei personaggi verosimili che quindi non posseggono reali poteri magici; infatti in The Prestige (C. Nolan, 2006) sia Alfred sia Robert, manifestano sentimenti di vendetta e di rivalsa l’uno sull’altro che però sottendono qualcosa di ben più definito: l’ambizione.
Durante tutto lo svolgersi dei fatti assistiamo a un continuo evolversi dei prestigiatori sotto l’aspetto professionale, che portano entrambi a sacrificare le relazioni personali (e anche parti del corpo!) pur di risultare il migliore. E le reazioni entusiaste del pubblico presente ai loro spettacoli non sono altro che il mezzo attraverso il quale possono dimostrare a se stessi, e quindi non al rivale, di poter superare i propri limiti.
Si intravede quindi una forma di egoismo che si sposa perfettamente con la coerenza caratteriale e ci riporta quindi all’intrinseca verità sopra citata e vista, in conclusione, come motore che permette ai personaggi di vivere.
Ma non vale solo per i protagonisti sopra citati, vale anche e soprattutto per l’uomo, sempre alla ricerca di un espediente per affermare il proprio posto nel mondo, che sia un ritocchino estetico, che sia il riconoscimento delle proprie capacità o la competizione (si spera sana) con un collega di lavoro.
Ho trovato la mia magia….in che modo posso usarla?