di Tamara Natilla

L’isola di Pharos, di fronte al porto di Alessandria d’Egitto, venne scelta per la costruzione, negli anni tra il 300 a.C. e il 280 a.C., di una delle Sette Meraviglie del Mondo Antico e ha donato per antonomasia il nome a tutti i fari costruiti nel mondo.

La struttura rimase intatta per quasi mille anni, ma poi fu progressivamente distrutta da una serie di terremoti. Una prima scossa fece cadere la lanterna e l’impianto ottico – piccoli danni – , che gli Arabi sostituirono con un semplice fuoco all’aperto; poi, un altro sisma fece crollare il corpo ottagonale; due secoli dopo un’altra scossa completò l’opera e rase al suolo ciò che restava.
Il capitolo finale nella storia del faro giunse nel 1480, quando il sultano d’Egitto Qaitbay decise di fortificare la difesa di Alessandria e fece costruire un forte medievale sullo stesso punto in cui una volta si trovava il faro, utilizzandone i resti.

Tra le sette meraviglie scomparse dell’antichità fu l’ultima a essere distrutta, circostanza che ci permette di avere conoscenze sufficientemente precise sulla sua collocazione e sul suo aspetto.

Racconti antichi come quello di Plinio il Vecchio ci forniscono una breve descrizione della “torre” e del suo magnifico rivestimento in marmo bianco. Descrivono come lo specchio riuscisse a riflettere la luce a decine di chilometri di distanza, la leggenda dice che veniva utilizzato anche per individuare e bruciale le navi nemiche prima che potessero raggiungere la riva.
Nel 1994 l’archeologo francesce Jean-Yves Empereur portò avanti una missione archeologica che permise di recuperare parti architettoniche e scultoree del Faro, tra cui due statue di Tolomeo II.
Più recentemente, attraverso i satelliti sono stati individuati altri resti ancora sommersi dal mare.

Fu Omero nell’Odissea a menzionare Pharos come un’isola, e la situò a un giorno di vela dall’Egitto, concetto ribadito più tardi da Plinio.
In particolare, Menelao racconta le sue avventure in quest’isola a Telemaco, nel quarto libro dell’Odissea, tra i versi 360 e 620. In quest’isola, infatti, è costretto a rimanere Menelao con la sua ciurma, di ritorno dalla guerra di Troia.

Odissea (Romagnoli)/Canto IV by wikisource

Le fonti di Omero sono ovviamente piuttosto incerte.

La leggenda narra la storia della celeberrima Elena giunta in Egitto con Paride, ma quell’isola in cui non c’era nulla da vedere e i cui unici abitanti erano le foche, non riuscì a colpirla.

Dieci anni dopo vi tornò, accompagnata questa volta da Menelao, che stava rientrando in patria da Troia e che, dirottato da una tempesta, era approdato su quella terra.

Secondo la leggenda Menelao incontrò un vecchio e gli chiese:

«Che isola è questa?»

Il vecchio rispose che l’isola era del Faraone.

Menelao, che non aveva ben compreso, domandò nuovamente:

«Faro?»

L’anziano, ripetendo la parola «Faraone» con una pronuncia egiziana, la mutò in «Prouti».

Menelao questa volta capì «Proteo», nome che sapeva essere attribuito alla divinità marina a cui Poseidone aveva concesso il dono della profezia.

Così la pronuncia poco chiara di un vecchio e il qui pro quo di Menelao fecero conoscere al mondo l’isola sotto il nome di Pharos, terra protetta dal nume Proteo.

– Per un approfondimento sulla leggenda cfr. http://favoladellabotte.blogspot.com/2011/03/il-faro-di-alessandria.html –

Ai nostri giorni, è stata accarezzata l’idea di ricostruire il Faro, ma il progetto è sempre stato accantonato.
Malgrado si tratti di un progetto senz’altro affascinante resta da chiedersi il valore storico e archeologico che potrebbe guadagnarsi una struttura imponente in memoria dell’antica bellezza della capitale tolemaica.
Un conto è riedificare monumenti a poca distanza da aventi traumatici con parti originali recuperate, altra cosa è costruire una replica 2.0 a secoli di distanza.
Qualsiasi cosa non avrà a che fare con la perduta settima Meraviglia del mondo antico.

Foto di copertina by Tuirsmo.it https://www.turismo.it/oltreconfine/articolo/art/alessandria-degitto-meraviglie-sottacqua-id-3182/

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