Una vita senza Internet
di Enzo Varricchio
Internet nasce ufficialmente nel 1962 come nuovo sistema di difesa e di controspionaggio americano durante la guerra fredda. Il World Wide Web nel 1991, presso il CERN di Ginevra. Il primo browser con caratteristiche simili a quelle attuali, il Mosaic, venne realizzato nel 1993.
La rete entra nelle nostre case alla fine degli anni Novanta.
Oggi è una parte di noi, una parte della realtà che noi tutti oggi viviamo o, se preferite, una protesi del nostro corpo, un’enorme estensione delle nostre capacità mnemoniche e cognitive.
Non siamo noi ad essere entrati nella rete ma la rete che è entrata dentro di noi.
Ne abbiamo guadagnato?
Numerosi ed evidenti gli effetti benefici: non ci perdiamo più per le strade di campagna, ricetrasmettiamo a qualunque distanza in tempo reale un’enorme mole di informazioni, comandiamo la lavatrice mentre ci abbronziamo al mare…
Possiamo dire che in una ventina d’anni siamo diventati più intelligenti?
Forse, ma è certo che il nostro modo di vivere è cambiato completamente e che i nostri figli stanno sviluppando aree cerebrali diverse dalle nostre.
Uno studio pubblicato su World Psychiatry e condotto in sinergia da Western Sydney University, Harvard University, Kings College, Oxford University e University of Manchester, pare suggerire che Internet, soprattutto nei bambini, possa essere la causa di alterazioni acute e prolungate in specifiche aree cognitive, alterando le nostre capacità attenzionali e i nostri processi di memoria. Oltre che influire sulla nostra percezione del mondo e di noi stessi.
Sicuramente, tali mutamenti saranno compensati dal nostro cervello con ulteriori adattamenti evolutivi.
Ma la domanda giusta è: se Internet morisse, se un attacco hacker la spegnesse, se un cataclisma la cancellasse, se Bill Gates (o chi per lui) ce la togliesse?
Siamo sopravvissuti (si spera) anche alla terribile pandemia Covid 19.
Sopravviveremmo alla fine di Internet?
PIC: Wilhelm Sasnal