di Francesco Mirando

docente di Italiano

Francesco Mirando

Di recente (Maggio 2022), hanno venduto una “copia originale” del Tondo Doni di Michelangelo; si, si tratta proprio della celebre opera custodita agli Uffizi. Il fatto è che oggi, grazie al lavoro di alcune aziende specializzate, è possibile creare l’esatta copia digitale di un’opera. In questo caso una cornice reale racchiude uno schermo che riproduce fedelmente ogni singolo particolare di questo capolavoro, conservando intatta l’indiscussa abilità del maestro Buonarroti.

tondo_doni

 

La riproduzione digitale del Tondo è stata realizzata dall’azienda Cinello, fondata da John Blem e Franco Losi. La ditta è specializzata nella realizzazione di DAW, ovvero digital artwork ed è stata venduta per 240 mila euro. Cinello ha inoltre ottenuto i diritti per realizzare copie digitali di altre 40 opere degli Uffizi. Le riproduzioni di questo genere, vengono autenticate da NFT (Non-Fungible Token), una tecnologia che permette di certificare digitalmente l’unicità e l’autenticità di un bene, ponendolo al riparo da tentativi di riproduzione incontrollati. Gli Uffizi hanno ottenuto la metà dei proventi della vendita, ma al netto delle spese, al museo fiorentino sono arrivati 70.000 €. L’esempio è stato poi seguito da altri musei italiani, che hanno raggiunto accordi con Cinello. La trovata, è quella di vendere ai collezionisti interessati delle riproduzioni digitali certificate da NFT, per ottenere introiti rapidi, utilissimi alle magre casse dei musei. Gli introiti dell’azienda che si occupa di gestire l’operazione sono maggiori, ma del resto, il museo si limita a fornire l’autorizzazione.

Questa nuova fonte di guadagno (fin troppo facile), pone dei nuovi interrogativi che non si possono semplicemente aggirare.

La copia digitale, per quanto fedele, come va considerata?

In che modo può essere sfruttata, e quale percentuale dovrebbe spettare realmente al museo? Riprodurre opere a fini di lucro, seppur con le dovute accortezze, infrange l’etica implicita che da secoli protegge inestimabili capolavori?

Il fine di garantire nuovi introiti al sistema museale italiano, può giustificare tale nuovo e ancora poco controllabile mezzo?

 

Il ministero della Cultura, nel piano nazionale di digitalizzazione, ha previsto una normativa per regolamentare tali nuove questioni e sciogliere alcuni dei complicati nodi che le caratterizzano. Le conseguenze dovute alla riproduzione digitale di importanti opere d’arte del nostro Paese meritano attenzione, e le istituzioni hanno il dovere di fare la propria parte.

Nel frattempo le Gallerie degli Uffizi hanno assicurato che, con la vendita della versione digitale, i diritti sull’opera vengono tutelati e l’acquirente non ha facoltà di impiegare le immagini concesse per mostre o altri utilizzi non autorizzati. Il patrimonio nazionale sembra dunque al sicuro.

 

Con la nascita di nuovi mercati e di meta-versi paralleli, facile è la tentazione di battere sul tempo la concorrenza e riuscire a portare a casa un lauto bottino, ma, l’importanza delle opere in questione, richiede un momento di riflessione etica, politica e giuridica.

Le polemiche sono inutili e rischiano di contaminare il doveroso e sano dibattito che la tutela del nostro patrimonio merita.

Chi nasce “tondo”, non muore quadrato!

Ma non sappiamo se gli sarà concesso di sopravvivere pixelato, duplicato o digitalizzato. Attendiamo curiosi.

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