ITALO CALVINO: la bellezza “inutile” della letteratura astronomica
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di Filomena Montella
Cento anni fa, il 15 ottobre 1923, nasceva a Santiago de Las Vegas de La Habana, Cuba, uno dei più grandi autori del Novecento italiano: Italo Calvino. Il 2023 festeggia il centenario della sua nascita e in questo contributo si desidera presentare il suo pensiero “scientifico” a servizio della letteratura, letteratura che per molti può sembrare un sapere inutile, ma che invece offre una chiara visione di ciò che ci circonda.
Figlio di un agronomo e di una botanica, Calvino è l’unico non scienziato della famiglia, scegliendo di dedicarsi alla letteratura. Eppure la scienza pervade la sua opera, una letteratura cosmica che si nutre delle immagini e del linguaggio scientifico per indagare, comprendere e ripensare la condizione umana. Tra questi spunti, nel secolo della cosmologia e dello spazio, non poteva mancare una dose notevole di astronomia e astrofisica.
La scienza è presente costantemente nella sua opera, dal suo primo racconto, esplicitamente dedicato a un oggetto astronomico, Luna e Gnac, scritto agli albori dell’era spaziale, fino alle vicende del signor Palomar, nel cui nome riecheggia uno dei telescopi che hanno fatto la storia dell’astronomia, passando per le Cosmicomiche, raccolta di memorabili racconti ispirati alle nostre origini cosmiche, dal Big Bang all’evoluzione dei vertebrati sulla Terra.
La sua letteratura può essere inserita nell’àmbito dell’astronomia culturale che analizza ciò che, riguardo la conoscenza astronomica di una civiltà, si manifesta nelle sue altre espressioni culturali; essa descrive campi interdisciplinari che si relazionano ai sistemi astronomici delle società e culture attuali e/o antiche, rimandando all’archeoastronomia.
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