di Canio Trione
economista
Una componente rilevante della classe media è costituita indubbiamente dalla categoria degli imprenditori. Specie quelli “piccoli”; sono tanti e coinvolgono milioni di persone tra dipendenti, clienti, indotto, conoscenti, parenti…quindi si tratta di una forza di primissima grandezza nella formazione di un’idea e di una proposta; cioè del futuro di tutti. Questa cosa non è nota agli interessati (cioè i piccoli imprenditori) che sono interamente dediti al lavoro e a racimolare quanto serve ad onorare i propri doveri (i salari dei dipendenti da pagare, le fatture da pagare, le utenze da pagare, le tasse da pagare,…) e quindi sono distratti dal riflettere sul proprio possibile ruolo nella costruzione del futuro. Peraltro la loro posizione economica è stata fortemente ridimensionata e la loro numerosità è stata falcidiata dalle recenti politiche economiche e finanziarie. Cercano semplicemente di sopravvivere. Ma quella forza di primissima grandezza è nota ai potenti di ogni genere -conosciuti e nascosti- che puntano a sostituire progressivamente la piccola e media imprenditoria con la grande impresa e finanza alleate della politica. In questo scenario e per ragioni non chiarissime partecipiamo a una o più guerre. Peggio di così…
Quale vantaggio avremo da questa partecipazione? Cosa deve essere il futuro per gli imprenditori “minori”? come far sentire la propria voce a chi determina le scelte politiche? Come fermare l’influenza delle imprese più grandi sulle scelte delle Istituzioni? Come garantire la pluralità del dibattito nelle Istituzioni? In definitiva: cosa pensano le imprese più piccole? O non pensano niente e affidano il proprio futuro alle decisioni di chi capita a sedersi sulle poltrone ministeriali?
Peraltro statisticamente ma anche socialmente ed economicamente l’universo delle imprese piccole e meno grandi è certamente il più rilevante e non solo in Italia. È proprio la loro numerosità ed esistenza che dovrebbe garantire l’esistenza della pluralità di interessi e di idee e quindi la democraticità della intera nazione. La riduzione per non dire azzeramento del ruolo delle imprese minori favorisce la prevalenza dei pochi sui tanti e quindi si va verso scelte non solo non condivise dalla maggioranza della popolazione ma, ed è quello che più conta, neanche CONOSCIUTE (se non a cose fatte) e quindi semplicemente subite dai più!! e quindi le programmazioni delle imprese minori, i loro investimenti, le loro decisioni cadono in un futuro ignoto e quindi con esiti semplicemente casuali e non certo credibili e programmabili.
La concentrazione progressiva delle ricchezze inoltre produce degrado e desertificazione progressivi delle periferie e di intere regioni poco serviti da opere e servizi pubblici. Ma anche le zone più ricche devono subire l’assalto dei meno fortunati e l’impoverimento dei loro mercati. Un vero suicidio collettivo nel quale tutti pensano e sperano di farla franca come è accaduto nel passato senza accorgersi che per il momento le pmi stanno lavorando per portare i loro soldi -attraverso tasse e bollette, royalties e forniture energetiche, interessi e commissioni bancarie- nei forzieri del proprio nemico.
Inoltre i ruoli apicali nelle associazioni datoriali e nei partiti e nei media e nelle Istituzioni locali e centrali e nelle Istituzioni deputate alla formazione della cultura sono ambiti e faticosamente conquistati usualmente da arrampicatori di specchi dallo stomaco molto peloso, per poter poi vendere quel proprio ruolo al miglior offerente … in contanti. Si è formato un fronte totalitario nel quale passano a caratteri cubitali le notizie che servono e che dilettano il grande pubblico: formidabile -a titolo di mero esempio- è stato il gossip Sangiuliano che ha morbosamente interessato ogni fantesca e ogni operaio specie napoletano (ma anche la nota casalinga di Voghera); soggetti che sono antichi ed insuperati esperti in questo genere di dibattito lasciando ad altri le decisioni e le notizie che contano. Guerra e genocidi inclusi.
Cioè si prepara un disastro economico, sociale e democratico ancora più grande del degrado democratico che abbiamo vissuto nei decenni passati. E lo stiamo preparando noi!
Che si attende?

FOTO: Curzio Malaparte, citazione affissa al Palazzo Reale di Napoli. 

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