Tanto tempo fa i soldi erano manovrati da alcune famiglie fiorentine. Ne avevano tanti da poter corrompere re e pontefici. Poi qualcuno dei debitori non restituì il prestito e tutto andò in fumo. Se quelle famiglie avessero potuto imporre come re un loro amico che pagasse loro i debiti per conservare il trono non sarebbero fallite. Ma così non era: la banca era cosa diversa dal debitore-stato.
Anche verso la fine del secondo decennio del XX secolo molti non restituirono quanto dovevano e nel ’29 iniziò una crisi formidabile. In Italia lo stato costituì l’IRI nel quale confluirono le imprese che diversamente sarebbero fallite e il sistema si rimise in marcia. Anche qui lo stato era cosa diversa dalle imprese e dalle banche.
Nel 2009 la storia si è ripetuta e diversamente dal destino riservato alla Lehman si è pensato di non far fallire le grandi società ma di salvarle secondo al regola del “troppo grandi per fallire” cioè gli stati hanno pubblicizzato le perdite (a spese dei cittadini) ma senza prendersi le imprese (e quindi anche le banche) che diversamente sarebbero fallite.
Tutta quella moneta che si dovette stampare per salvare le grandi imprese ha prodotto una potente inflazione mondiale molto malamente contrastata con sistemi messi a punto in altri tempi. Ma si è instaurata una nuova condizione: essendo “troppo grandi per fallire” sono adesso le imprese (e quindi le banche) che hanno gli stati in ostaggio e non l’inverso. Le imprese e le banche così si sono trovate dalla stessa parte dello stato e quest’ultimo dalla stessa parte delle imprese, specie finanziarie. Questa è la novità-
I debiti degli stati verso le istituzioni finanziarie sono così grandi che se lo stato non paga le fa chiudere e se le paga si mette al loro servizio nel senso che gran parte del suo bilancio e del gettito fiscale è dedicato al servizio del debito cioè ad alimentare le banche. Come è! Estendendo i debiti degli stati verso il sistema finanziario si permette alle banche di rendere più certo il pagamento degli interessi a loro favore. Si inventano prestiti inutili come il PNRR in Italia in modo da aumentare il debito e quindi piazzare fette enormi di liquidità ottenuta dalle banche centrali e garantirsi introiti certi di interessi che diversamente non si avrebbero e quindi dando maggiore redditività alla gestione delle banche…a spese del contribuente.
Questo è un aspetto del vero e proprio controllo dei finanzieri sugli stati che permette anche di indurli alla guerra se questo può servire al consolidamento dei bilanci delle società finanziarie. La guerra è cosa bellissima perché permette di prestare i soldi ai belligeranti (per comprare armi a gogo) e di garantirsi un bottino di guerra; per esempio se una grande potenza ricca di materie prime -come il petrolio- viene sconfitta chi gestirà quelle materie prime se non i creditori che hanno aiutato ad ottenere la vittoria? Ai caduti in guerra andranno le medaglie, ai politici una carriera imperitura, mentre ai finanzieri i soldi e i giacimenti. Peraltro non è stato così nella prima guerra mondiale? E nella seconda? E prima ancora non è stata sempre la stessa cosa? E i contendenti non si sono dissanguati umanamente e finanziariamente e quindi politicamente ridimensionati a tutto vantaggio di chi la guerra non l’ha fatta ma stava dietro le scrivanie a fornire miliardi per sostenere lo sforzo bellico? Nessuno stato ha pensato nelle guerre passate e per salvare la Patria in pericolo, di requisire quei miliardi come si requisivano terreni e derrate e si rastrellavano i giovani!!!! Cioè c’erano quelli che facevano materialmente la guerra e che rischiavano la pelle cui va la gloria,… mentre vincevano soldi a tonnellate sicuramente quelli che non la facevano.
Questo destino non è di recente invenzione ma il degrado culturale che è pervenuto a decomporre dall’interno il senso dello stato è lo stesso che ha portato alla eliminazione del concetto di frontiera e addirittura alla fine del concetto di stato; stato espressione del suo popolo che difende le imprese nazionali da quelle estere in ossequio alla regola della concorrenza e della competizione. Al di la di pochissimi esempi di imprese di interesse nazionale le imprese che contano cioè l’immenso mare delle piccole e piccolissime che sono l’economia nazionale le si lascia esposte alla concorrenza di improbabili imprese operanti in paesi esotici distruggendo o non permettendo la crescita delle imprese nazionali e ipotecando alla base il livello del gettito fiscale. Tutto anche grazie alla pochezza della classe politica selezionata per governare. Quindi una teoria che sembra fatta a posta per minare il concetto di Stato quasi che si debba pensare ad un mondo dove l’interesse pubblico debba essere demandato se non al caso alla cura delle imprese (che poi tali non possono essere considerate visto che assomigliano a Ministeri) maggiori che non possono fallire che quindi devono essere in grado di gestire lo spazio attorno a loro.
Una idea inventata probabilmente da chi non ha identità o comunque non ha una identità legata ad un territorio e quindi disprezza questa mentalità ritenuta bigotta, superata e figlia di credenze e tradizioni locali (così vengono considerate le culture e le religioni) che si esprimono dentro la dimensione statuale. In questa ottica anche il diritto diverso da quello del più forte sembra espressione di un passato romantico che deve cedere il passo alla ragione della forza.
Guarda caso esattamente quello che accade nelle attuali guerre ove il più forte fa quello che vuole e il Diritto non esiste.
FOTO: Henri Rousseau, La guerra, 1894, Musée d’Orsay, Parigi
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